Omelia (25-01-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Non me ne vogliano i ‘puristi' della liturgia, i quali sanno bene che il prete non deve approfittare della predica per fare catechesi, o esegesi biblica... Tuttavia, concedetemelo almeno oggi, io approfitto e spendo tempo e parole per presentare, in sintesi, il libro e la persona di Giona. Dunque: il profeta Giona compare due volte nell'AT; il II Libro dei Re, colloca la sua predicazione intorno al IX secolo a.C. quando Geroboamo II, re di Israele, riconquistò i territori dell'attuale Transgiordania, occupati dagli Aramei di Damasco. Successivamente, l'Assiria sconfisse gli Aramei e proseguì la politica imperialista, recuperando i territori tornati sotto il controllo di Israele. La Bibbia dedica anche un intero libro a Giona: il testo, breve, risale al V sec. a.C.; gli esegeti concordano nel ritenere il Libro di Giona una parabola. Aver scelto come protagonista un profeta vissuto poco prima della distruzione di Israele da parte degli Assiri, spiegherebbe perché Giona si rifiuti inizialmente di predicare loro la conversione, e si manifesti contrariato rispetto alla decisione divina di perdonare. Se, infatti, Dio avesse punito gli Assiri, distruggendoli, Israele si sarebbe salvato. La teologia che emerge dal racconto testimonia l'amore illimitato di Dio. Anche se la vicenda di Giona compare tanto nella Bibbia che nel Corano, si dubita della storicità dei fatti raccontati: la verità della vicenda di Giona è di altro genere, è tutta teologica. Ma ecco la storia: Dio comanda a Giona di andare a predicare a Ninive. Giona, invece, fugge, imbarcandosi su una nave diretta a Tarsis; la nave è investita da una spaventosa tempesta e rischia il naufragio. Giona ritrova il coraggio e rivela all'equipaggio che la colpa dell'ira divina è sua, poiché ha disobbedito all'ordine celeste. Ordina al capitano di essere gettato in mare, per scongiurare la rovina della nave e dei marinai; inghiottito da un grosso pesce, il profeta rivolge al Signore una preghiera accorata; il mostro degli abissi restituisce Giona alla vita, vomitandolo sulla spiaggia. Tornato sui suoi passi, Giona ottempera alla missione e annuncia ai Niniviti la volontà di Dio. L'inaspettata conversione di Ninive convince Dio a risparmiare la città. Ma il profeta non condivide il perdono divino; avrebbe voluto la distruzione dei peccatori. Deluso, chiede a Dio di farlo morire; si siede davanti alla città e attende la fine. per tutta risposta, il Signore fa germogliare una pianta di ricino, che ripara Giona dal sole rovente. Fatalmente, nello spazio di un giorno, la pianta di ricino si secca e Giona, rattristato, invoca nuovamente la morte: Iddio gli spiega la morale della favola: "Se tu ti rattristi per la morte di una banale pianta di ricino, non dovevo forse io rattristarmi per la possibile morte di tanti innocenti niniviti, tra cui centoventimila bambini?". La storia di Giona viene richiamata da Gesù, contro i farisei che pretendevano da lui un segno della sua messianicità: "Questa generazione perversa chiede un segno; ma non le sarà dato alcun segno, fuorché il segno di Giona: come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra." (Mt 12,40). Anche il Vangelo di questa domenica racconta la storia di una vocazione, anzi quattro, rispettivamente: Andrea e Simon Pietro suo fratello, Giacomo e Giovanni suo fratello. La vicenda di Gesù e degli Apostoli registra la fatica dei Dodici a perseverare nella fedeltà: nessuno di loro avrà il coraggio di rimanere con il Signore, al momento del suo arresto. Quando Dio incontra gli uomini, provoca sempre una crisi e costringe colui che è chiamato a fare i conti con il coraggio di proclamare non solo a parole, ma nei fatti, una Parola che non è soltanto umana, e come tale interpella la coscienza sui limiti angusti della logica umana. Voglio dire che i principi della fede non possono contenersi entro le coordinate della logica umana; le fanno saltare, queste coordinate, in nome di una ‘logica' più ampia, le cui coordinate ‘smarginano' nell'ampio seno dell'Amore di Dio. Se scegliamo di aderire alla fede, come discepoli del Signore, noi manifestiamo la volontà di iscrivere il nostro riflettere e il nostro operare all'interno di un orizzonte diverso, molto, ma molto più vasto di quello umano-solo-umano. È questo che intendo quando parlo della valenza trasgressiva della fede: la fede non si oppone alla ragione, è più ampia; dunque, la ragione più stare dentro la fede, così come - perdonate la similitudine poco elegante - una teglia da forno dal diametro di 20 cm. entra in una dal diametro di 40... Ecco, sta a noi decidere se accontentarci di una teglia da 20, o passare a quella da 40... Più grossa è la torta, più fette se ne potranno tagliare e per un numero maggiore di invitati, no? Faremo più festa se avremo una casa più spaziosa, e potranno entrare più invitati! Il fine è sempre lo stesso: una comunione più vasta e partecipata! Lo ribadisce più e più volte il Vangelo, con le famose parabole sul banchetto del Regno dei Cieli. Anche Mosé aveva dubitato che Dio sarebbe stato in grado di sfamare gli israeliti, stremati dal viaggio e dalla fame; e Dio gli rispose: "Il braccio del Signore è forse raccorciato?" (Nm 11,23). Se qualcuno ha il cosiddetto braccino corto, quello non è Dio, siamo noi! In amore non si esagera mai! quando si esagera, non è vero amore! come avrete certamente intuito sto ancora e sempre alludendo al perdono. Ormai è chiaro: l'unità di misura della fede è il perdono. Ma, ATTENZIONE: bisogna conoscere bene qual è il significato del perdono cristiano. Anche noi che ne parliamo spesso e siamo convinti di sapere di cosa stiamo parlando, proprio noi cadiamo spesso nell'equivoco di scambiare il perdono con l'indulgenza. L'indulgenza è chiudere un occhio sul male, far finta di niente, passar sopra,... per amor del quieto vivere. Se l'indulgenza chiude un occhio, il perdono cristiano gli occhi li tiene bene aperti, tutti e due! E con tutti e due gli occhi aperti, si vede meglio, soprattutto si vede a tre dimensioni, si coglie la profondità, la prospettiva dell'agire nostro e altrui... Lo ripeto e chiudo: l'amore cristiano, l'amore che perdona è un amore più grande di quello umano. Ma proprio perché è più grande, esige mente e cuore di taglia superiore...una XXL ci andrà a pennello! |