Omelia (01-02-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Gesù ha appena chiamato i primi quattro discepoli ed eccoli lì, a Cafarnao, in sinagoga, a svolgere il ministero di annuncio del Regno: il Signore insegna, il Signore impone le mani e guarisce. A Gesù importa la salvezza integrale della persona: non soltanto il corpo, ma anche la mente e lo spirito. Tutto dell'uomo ha bisogno di essere sanato. Dio ci ama così, più di quanto ci amiamo noi... Le persone presenti, cosiddette perbene, non capiscono che cosa sta succedendo: un uomo del popolo, figlio di un falegname, parla con una competenza e un'autorità del tutto nuove, altro che scriba! E poi, le cose che dice... nessun altro le aveva mai dette prima! Non è facile spiegare l'espressione, "insegnava come chi ha autorità": insegnare legittimamente? in tutta libertà? in tutta franchezza? Gli scribi esperti e per questo interpreti autorevoli delle prescrizioni religiose, erano guide ufficialmente riconosciute dal popolo, legittimate nel loro ruolo dalla fedeltà alla Legge antica e dal richiamo ai grandi maestri del passato. Invece, Gesù di Nazareth fa appello a un'altra legittimazione, il suo insegnamento è del tutto nuovo. E la gente se ne accorge subito. Egli ha coscienza di essere l'inviato definitivo, sua carta di riconoscimento è quello che dice e quello che fa; in altre parole, l'autorità di Gesù non gli viene da nessun maestro, da nessun scritto sacro, ma da se stesso, e naturalmente da Dio che, al Giordano, si è compiaciuto e continuamente si compiace di lui; naturalmente, di questa investitura solenne, né gli apostoli, né il popolo, tantomeno le autorità religiose erano al corrente. Lo spettacolo è a dir poco sconcertante: costui viene dal nulla, non ha arte né parte, alcuna lettera di raccomandazione del tale, o talaltro maestro; parla un linguaggio assolutamente diverso da quello che si impara nelle scuole rabbiniche ufficiali, a cui la gente è ormai avvezza. Provate ad immaginare, che so, un'assemblea liturgica, una platea riunita in congresso: tutto a un tratto uno sconosciuto si alza dal suo posto e prende il microfono davanti a tutti: non si tratta di uno dei soliti predicatori, ormai noti... Appena comincia a parlare, colpisce per la novità delle cose che dice e per il modo con cui le dice. In certe chiese si sentono un po' sempre le stesse cose, e il linguaggio è quello di sempre; che cosa volete che dica un prete? cose di chiesa, dette come le dice un prete... non saprei come definire il modo di parlare di un prete... ma quando parla un prete lo si riconosce da lontano un miglio... Non è questione di vestito, o, come si suol dire, non è l'abito che fa il monaco; ma è il modo con cui si muove, il timbro della voce, quel fare un po'...da prete, insomma. Concetti triti e ritriti... anche perché, il Vangelo è quello...sempre che, nell'omelia, si commenti il Vangelo. Insomma, parliamo di cliché. Ciascuno c'ha il suo: prima ancora che attacchi a parlare, gli ascoltatori sanno già ciò che (quasi) sicuramente dirà. Ecco, più o meno, questa è la situazione... e poi arriva Lui, Gesù: "Che strano, oggi non mi sono distratto un attimo! non ho guardato l'ora neanche una volta! non m'è venuto da sbadigliare! Anzi, peccato che ha già finito! sarei restato ad ascoltarlo per un'altra mezz'ora...". La novità è talmente shoccante, che un indemoniato reagisce, intuendo che cosa sta accadendo e la statura di Colui che parla... Sapete, mica tutti i preti saprebbero tener testa al demonio! Magari ne ho persino incrociato qualcuno, di demone, ma la mia mediocrità, forse il mio peccato, non hanno minimamente urtato la sua suscettibilità... Il demonio non ha nulla da temere da me. Ma da Cristo... è il Messia! Con Gesù finalmente presente, il male ha i giorni contati. Ciò che accade dopo è la inevitabile conseguenza dello scontro tra il bene e il male: Gesù resta e satanasso fugge via inorridito. In altri termini, vince il bene! Detto così suscita quasi tenerezza, ma poi ci scappa da ridere...una risata ironica, una risata amara. Solo nelle favole il bene vince sempre... solo nelle favole "vissero tutti felici e contenti"... Nella vita quotidiana è tutto il contrario, almeno così sembra. Tra corruzione, violenza, sfruttamento, malasanità e politica da arena (o da marciapiede)... il bene non si sa più dove sta! I principi restano, i principi sono sacrosanti, per carità, ma di soli principi non si vive. E poi i principi sono più o meno sempre gli stessi: nel senso tutti lottano, a modo loro, per la libertà, per la giustizia, per l'amore, per la pace... Ma, intanto, chi più chi meno, hanno tutti le armi in pugno col colpo in canna, qualcuno più degli altri, lo riconosco. O, se non hanno le armi, hanno la lingua, e quella uccide spesso più delle armi! Anche nei nostri ambienti, tanto buoni e santi, la musica non suona granché diversa. Per cui, coniughiamo pure i verbi alla prima persona plurale... Tornando al Vangelo, l'ultimo aspetto che sottopongo alla vostra attenzione è il cosiddetto segreto messianico, l'ordine che Gesù dà al demone di tacere sulla sua identità di Figlio di Dio. La teologia spiega che Gesù dovrà percorrere, passo dopo passo, la via dolorosa fino in cima al Calvario, per diventare il Santo di Dio, e guadagnarsi a pieno titolo il nome "Cristo", quel nome che è al disopra di ogni altro nome, secondo quanto insegna san Paolo nella sua lettera ai cristiani di Filippi (cap.2). Io penso che ci sia anche un altro motivo alla radice del segreto messianico: legando la parola e il gesto alla sua persona, Gesù temeva che nessuno si sarebbe sentito capace di imitarlo; Lui è il Messia! Lui è il Cristo! e chi sono io per dire quelle cose, per fare quelle scelte? Sarebbe addirittura un atto di superbia! E invece no!! La fede può fare miracoli! lo dichiara lo stesso Gesù: "Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe." (Lc 17,6). I martiri della fede, uomini e donne come noi, confermano che Gesù aveva ragione: la fede fa veramente miracoli! E poi Gesù non avrebbe potuto portare a compimento la salvezza se, dopo di lui, gli Apostoli e le generazioni di cristiani che seguirono fino ad oggi, non avessero raccolto il testimonio di amore che il Risorto affidò alla Chiesa nascente prima di ritornare al Padre. Preghiamo Dio, affinché ci conceda la grazia della perseveranza finale, l'orgoglio di poter dire all'ultimo istante, come san Paolo: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" (2Tm 4,7). |