Omelia (11-01-2015)
don Maurizio Prandi
Un Gesù "difficile"

Con la celebrazione di oggi si conclude il Tempo di Natale e la liturgia ci fa tornare là dove, nel tempo di Avvento eravamo partiti: al fiume Giordano. I primi due versetti del vangelo di oggi infatti, se ricordate, li avevamo già ascoltati proprio la seconda domenica di Avvento. Oggi si compie un cammino che dal desiderio, dall'attesa nella quale Giovanni Battista ci aveva introdotto ci conduce alla conferma che Gesù è il Figlio di Dio mandato nel mondo: Tu sei il figlio mio, l'amato!

E' una nuova Epifania, è una nuova manifestazione e qui nei vari incontri ci siamo detti e ci diremo che è necessario continuare a cercare, a rimanere in ascolto, per non perderci nulla di quello che il Padre ci vuole rivelare, manifestare, di suo Figlio. Il Natale è rivelazione, così come lo sono l'Epifania, il Battesimo al Giordano, le nozze di Cana... ma, ripeto, è necessario continuare a cercare perché ogni domenica, ogni giorno Gesù fa come allora al Giordano, viene per fare nuovi incontri, nuove immersioni nell'umanità. Quanti incontri per Gesù, dopo quell'incontro con l'umanità in cammino, in ricerca di qualcosa di nuovo, un'umanità disposta ad un cambio per diventare migliore, carica della propria verità ma non schiacciata dai propri errori, anzi!
Che bello quello che leggevo in questi giorni in Servizio della Parola (e che mi ha influenzato molto in questi pensieri) circa il senso di questa festa che fa un po' da cerniera tra il mistero dell'incarnazione e il percorso che faremo nelle prossime domeniche; non possiamo certo fermarci alla capanna di Betlemme, o ai pastori, o ai Magi. Il vangelo di oggi ci dice che quel Bambino, che fino a ieri ci sorrideva dalla mangiatoia, è venuto a realizzare il progetto di Dio... la voce che solo Gesù sente dopo il battesimo (nella versione di Marco), dice proprio questo: tu sei il mio figlio, tu sei l'amato... proprio perché vai incontro agli uomini, proprio perché non fai proclami, proprio perché non pretendi privilegi, proprio perché ti immergi in quell'acqua, in quell'umanità... ha un messaggio da portare Gesù, un lieto annuncio che cambia la vita di tutti quelli che, uomini e donne, l'accoglieranno. E quelle di Gesù non sono belle parole, belle promesse ma parole vere e rese efficaci dai gesti che porrà: di bontà, di liberazione, di guarigione, di perdono e questo fino al punto più alto dell'amore: il dono della sua vita sulla croce. Restare al presepe può rappresentare dunque, un comodo espediente per non andare oltre una generica dolcezza, una "grazia a poco prezzo" una consolazione e una poesia che non vanno oltre ai giorni del Natale (Giulio Osto in Servizio della Parola). Dobbiamo essere davvero grati alla chiesa che mettendoci davanti al racconto del battesimo di Gesù ci obbliga a fare i conti con un Gesù cresciuto (ricordate il giorno della Santa Famiglia? Gesù cresceva...) ormai adulto, con la sua missione che comincia e i suoi gesti così eloquenti: si mette in fila, si mescola, incontra, ascolta, si immerge... siamo chiamati ad accogliere un Gesù che non corrisponde alle immagini che sovente ci facciamo di lui, un Gesù che ci sorprende, perché scomodo ed esigente. E' un Gesù difficile, perché offre salvezza e vita, ma chiede anche un cambio, una conversione... un Gesù che non si accontenta di un po' di commozione passeggera ma desidera entrare nella nostra esistenza: la compassione che trasforma la vita. Dall'acqua del Giordano esce questo Messia e la liturgia di oggi unita a quella delle prossime domeniche ci offre una meravigliosa opportunità, quella, come dicevo prima, di continuare a cercare per disporci a seguire questo Gesù difficile, per niente sdolcinato o zuccherato. Quel tema del crescere che era emerso due settimane fa allora ritorna e fa da sfondo in un certo senso... dal Gesù bambino al Gesù adulto, dal Gesù che ci sorride dalla mangiatoia al Gesù che ci parla in modo esigente, dal Gesù del presepio al Gesù vivo: ecco l'incontro che cambia la vita! Il Giordano ci consegna il Dio che si fa uomo, che diventa uomo come dicevo quindici giorni fa... a noi continuare ad incontrarlo ogni giorno, accogliendo la sua Parola, ricevendo i sacramenti, riconoscendolo ed accogliendolo nei poveri che incontriamo... come i pastori, come i magi possiamo metterci in cammino continuando a cercare intorno a noi i segni della sua presenza, il suo manifestarsi incessantemente a noi.

La seconda lettura di oggi è tratta dalla prima lettera di Giovanni e a proposito di questo continuare a cercare mi piace condividere quanto durante la messa è nato questa settimana, quando ascoltavamo Giovanni appunto che raccomandava di amarsi l'un altro per poter rendere presente e visibile Dio: dicevamo che noi uomini siamo davvero complicati e difficili nella nostra ricerca di Dio, perché lo cerchiamo nei miracoli, nei fatti straordinari, meravigliosi; ci sembra di poterlo trovare (scusate l'esempio banale) se da qualche parte c'è una statuetta della Madonna che piange e partiamo... e invece Lui è sempre presente e cammina con chi vive l'amore reciproco, quando due o tre si riuniscono nel suo nome (a maggior ragione quindi nella celebrazione domenicale...) o dove c'è qualcuno, come quel giorno al fiume Giordano che c'è bisogno di un gesto pubblico, di un impegno a cambiare vita. Non è che bisogna sbandierarlo ai quattro venti: Sono un convertito!!!... no è sufficiente un gesto, senza tante parole.

Mi è piaciuto molto il contrasto tra l'annuncio solenne di Giovanni circa la venuta di Qualcuno e l'arrivo di Gesù, che non si fa annunciare o precedere da segni imponenti: una parola, quella di Giovanni (che tanti pensavano per altro fosse discretamente fuori di testa...), ma nessun segno, nessun miracolo se non quello importante ma nascosto, della condivisione. Manifestazione e nascondimento quindi... il battesimo ci rivela un uomo tra tutti gli altri, nel punto più basso della terra (la depressione dove scorre il fiume Giordano...) un adulto qualunque, in fila come tutti... chi avrebbe potuto riconoscere Dio li? E Dio che si immerge, si tuffa e se possibile così va ancora più in basso. Ed è lì, che quando riemerge dal punto più basso si spalancano, si squarciano i cieli. Nelle comunità qui a Cuba è venuta subito in mente l'immagine dell'altalena fatta con la trave dove alle estremità si siedono le persone: Dio con noi gioca così... si abbassa fino al punto più basso per portarci più in alto che sia possibile! Si abbassa, perché noi possiamo godere il più possibile di quello squarcio aperto nel cielo. Gesù viene... che bello! Dio non rimane distante e in Gesù non aspetta che siano gli altri a fare il primo passo; penso a me allora e a come per paura rimango fermo e mi muovo solo quando sono sicuro del risultato. Gesù oggi mi insegna qualcosa di diverso: si muove senza aspettare il momento opportuno.