Omelia (18-01-2015)
don Alberto Brignoli
Il Messia di tutti

Siamo un po' troppo convinti che il Signore si riveli solo ad alcuni privilegiati. Personalmente, ho questa sensazione ogni volta che qualcuno si rivolge a me chiedendomi di pregare per lui o comunque secondo le sue intenzioni. E fin qui, nulla di strano, anzi: se non chiedi a un prete di pregare per te, a chi lo chiedi? Quello che invece mi colpisce e che suscita anche un po' di perplessità da parte mia, ve lo dico francamente, è quando qualcuno aggiunge a questa richiesta frasi di questo tenore: "Sa, a lei Dio la ascolta di più"... "A lei Dio parla maggiormente, perché ha il contatto diretto".
Premesso che dubito che Dio abbia un account di Twitter, e anche se avesse il cellulare, comunque vi assicuro che non ne ho il numero in memoria, ho altrettanti dubbi sull'esclusiva divina da parte di un sacerdote, per quanto fervente possa essere nella preghiera. E devo dire che la Liturgia della Parola di oggi mi viene incontro e mi da una mano. Tanto nella prima lettura come nel Vangelo, infatti, ci viene raccontato di persone che incontrano Dio ed entrano in contatto con lui pur senza appartenere a una classe privilegiata come quella sacerdotale.
Nel tempio di Silo, quel giorno, si trovavano il sacerdote Eli e un fanciullo, di nome Samuele, che era al suo servizio perché sua mamma, Anna, lo aveva lasciato lì come inserviente (una sorta di chierichetto a tempo pieno) compiendo un voto che aveva fatto, qualora il Signore avesse sconfitto la sterilità del suo grembo con il dono di un figlio. Il dono era arrivato, e Anna rispettò il patto con il Signore. Fu proprio a suo figlio, un semplice chierichetto di poco più di dieci anni, e non a un esperto e anziano sacerdote come Eli, che il Signore si rivolse per rivelargli la sua volontà. Ma ciò che stupisce di più è che - come dice il testo - "Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la Parola del Signore": quindi, ancor meno di un chierichetto...un bambinello che va in chiesa giusto per divertirsi accendendo le candele, come tutti abbiamo fatto da piccoli in braccio alla nonna... Quella sera, però, Samuele non ebbe necessità di accendere alcuna candela, perché - dice l'inizio del brano che purtroppo nella versione liturgica non viene letto - "gli occhi di Eli cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere, ma la lampada di Dio non era ancora spenta".
Anche in una situazione buia, buia come quella notte, buia come la vita depravata dei figli di Eli (sacerdoti pure essi come il padre), buia perché la parola di Dio al popolo era rara in quei giorni, tuttavia la lampada di Dio non era ancora spenta, e laddove nessuno si immagina che essa possa illuminare e portare luce e calore, Dio parla: e non lo fa a chi immagineremmo depositario delle sue rivelazioni, ma a un fanciullo che ancora non sapeva neppure chi fosse, tant'è che scambia la sua voce per quella del suo maestro.
Altri discepoli, e un altro maestro, sono protagonisti del brano di Vangelo, che segna l'inizio della parte narrativa del racconto di Giovanni: ma la vicenda ha diverse analogie con quella di Eli e Samuele. Certo, siamo in un contesto ben diverso rispetto a quello del tempio: ma Dio che passa nella vita di questi uomini non si ferma a parlare con il Maestro, il Battista, il quale peraltro si preoccupa di indicare ai suoi discepoli (come fece Eli con Samuele) che si tratta del Signore. Ed essi lo inseguono, perché di lui non sanno nulla e vogliono sapere chi è, lo vogliono conoscere, lo pedinano, vogliono sapere dove abita.
Ed anche qui, va detto che il momento in cui il Signore si rivela come l'agnello di Dio non è certo un momento privilegiato della giornata, e tantomeno del luogo si può dire che sia un "luogo teologico" in senso classico. Non siamo nel tempio; siamo lungo la strada, in un'ora che assume significato solo perché i discepoli, a distanza di anni, la ricordano come decisiva, mentre in realtà si tratta solamente delle "quattro del pomeriggio", un'ora come tante altre, laddove la Sacra Scrittura parla quasi esclusivamente di "mattina, sera e notte" come momenti dell'incontro con Dio. È dove e soprattutto quando meno te lo aspetti, che Dio si fa incontro a te, ti interpella, ti invita a casa sua, ti trattiene con sé tutto il giorno e ti rivela immediatamente (a scanso d'equivoci) che egli è il Messia.
Ecco, questo credo sia il senso più vero di quanto la Liturgia della Parola ci vuole insegnare oggi, all'inizio del cammino del tempo ordinario, ossia della nostra quotidiana e faticosa sequela del Maestro: Gesù è il Messia, il Cristo, l'Agnello di Dio. Giovanni ci tiene a dircelo da subito, senza mezzi termini: ci penserà poi Marco, nostro compagno di viaggio quest'anno, a farci fare un percorso di discepolato fatto di rivelazioni e smentite, silenzi e annunci, gesti eclatanti e nascondimenti, che ci diranno chi è il Figlio di Dio solamente sotto la croce.
Oggi godiamoci le rivelazioni di Giovanni: visto che i luoghi e i momenti dell'incontro con Dio sono quotidiani in maniera così sconcertante e fuori da ogni logica, beh...almeno sapere chiaramente che si tratta del Messia e che si rivela a tutti, senza esclusive, ci da sicuramente una grossa mano!