Omelia (18-01-2015)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su 1Cor 6,13-15.17-20

Collocazione del brano

Per tutti i tre anni in cui è suddivisa la liturgia domenicale la Chiesa propone nelle prime domeniche del tempo Ordinario la prima lettera ai Corinzi. L'anno A si leggono i primi 4 capitoli, quest'anno sono previsti i capitoli 6-10, e per l'anno C i capitoli dal 12 al 15.

Paolo era arrivato a Corinto dopo il fallimento avuto ad Atene (Atti 17,22-34). Vi si fermò per un anno e mezzo circa e diede vita a una comunità molto attiva. Dopo la sua partenza, i Corinti, gli chiesero la soluzione ad alcuni problemi pratici che incontravano nel confronto tra il Vangelo e le loro usanze precedenti. Nel brano di oggi Paolo affronta il tema della sessualità e del modo in cui essa va vissuta all'interno della vita di fede. Un nutrito gruppo di cristiani di Corinto pensava di essere completamente liberi dalle condizioni relative alla condizione umana e quindi anche dalla sessualità e dalle forme che la regolamentavano. Alcuni di loro ostentavano una rigorosa astinenza dal sesso, altri si dedicavano a un sesso sfrenato frequentando le prostitute. Paolo indica loro la giusta condotta da tenere nei confronti del proprio corpo e di Dio.


Lectio

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo.

All'inizio del versetto 13 si dice "Il cibo è per il ventre e il ventre per il cibo". Si tratta di uno degli slogan con cui i cristiani di Corinto giustificavano la propria condotta sessuale libera da regole. Il termine porneia, che qui è tradotto come impurità, indica infatti ogni tipo di rapporto sessuale illegittimo. Paolo risponde ricordando che il corpo è per il Signore. Per corpo qui si intende tutta la realtà umana, incarnata. La persona per sua natura è volta alla relazione, relazione con Dio e con le altre persone. Questo vale in modo particolare anche per la sessualità. Il piacere sessuale non è come quello legato al cibo, implica la relazione con un'altra persona, è incontro, relazione, appartenenza reciproca.

Noi come persone incarnate siamo di Cristo, gli apparteniamo nella nostra interezza. E' lui il nostro unico Signore. Ma anche Cristo si è dato a noi anima e corpo per la nostra salvezza. Questa non riguarda solo le nostre anime, ma l'interezza del nostro essere, in particolare della nostra dimensione di soggetti che si realizzano nella relazione verso le cose, verso gli altri, verso Dio.


14Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.

Niente della nostra realtà quindi andrà perso. All'interno della nostra unione con Cristo anche noi come Lui vivremo l'esperienza della risurrezione.


15Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?

Quindi i corpi dei credenti sono membra di Cristo, gli appartengono intimamente. La liturgia ci fa saltare il versetto 16 che parla dell'unione con le prostitute. Secondo l'interpretazione del matrimonio di Genesi 2,24 l'uomo e la donna nell'unione sessuale diventano una sola carne. Quindi chi si unisce a una prostituta rende le membra di Cristo membra di una prostituta. Però questa unione è priva di amore, non è donazione reciproca, ma sfruttamento.


17Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito.

Chi si unisce al Signore non forma con lui una sola carne ma un solo spirito. Si tratta di un'unione piena, espressione di amore e di donazione, che esprime una nuova esperienza, creata dalla potenza vivificatrice di Dio.


18State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo.

Quindi è necessario stare alla larga dall'impurità, dai rapporti sessuali illegittimi. L'immoralità è un peccato che colpisce l'uomo in quanto "corpo", nella sua dimensione relazionale con gli altri, nella sua mondanità. Esprime una degenerazione della sessualità della persona, vissuta come rapporto alienante, egocentrico e strumentale.


19Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi.

Paolo rincara la dose ricordando ai Corinti che essi sono tempio dello Spirito Santo. Ciò che aveva affermato della comunità (3,16), lo dice del singolo fedele. Nel loro essere corporeo sono abitazione santa e consacrata a Dio. Dunque non si appartengono. ciò vuol dire la loro esistenza non è chiusa in loro stessi come esseri autosufficienti, ma apertura a Dio e riconoscimento di una fondamentale appartenenza a Lui.


20Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Questa appartenenza ha un fondamento: la morte di Cristo. Il prezzo è stato il suo sangue.

Sono stati liberati dal dominio del peccato e sono diventati suo possesso. Quindi Paolo termina con l'esortazione a dare gloria a Dio con i propri corpi, con un'esistenza rivolta agli altri, con rapporti interpersonali di comunicazione profonda e sincera, animata da amore e da donazione. E' questo il vero culto cristiano.


Meditiamo

- Come vivo la mia sessualità?

- Ho provato la gioia del vero incontro disinteressato ma profondo con le altre persone?

- Come valuto la libertà sessuale della nostra società?