Omelia (25-01-2015)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Marco Simeone

È una domenica strana questa, si parla un po' del profeta che è mandato ad una città di non credenti, un po' della fine del mondo e un po' di vocazione? Un po' strana, no?
Ma anche no!
Partiamo dal vangelo: questo brano del vangelo di Marco descrive prima l'effetto immediato del battesimo e poi, nel deserto (con relative tentazioni vinte), le tentazioni di Gesù. Investito dal mandato del Padre e pieno di Spirito Santo, se ne va nel deserto per chiarirsi (ovviamente nella sua parte umana) come si fa la missione da Messia, per cui non usa il potere per se stesso, non forza Dio abusando del suo amore e non usa il potere per schiacciare gli uomini. La scena del vangelo di oggi è la prima mossa dei Gesù, che significa essere insieme la più importante e la sintesi di tutto questo. Marco ci ricorda che Giovanni, il precursore, per questo è stato arrestato, compiendo la missione di indicare Gesù (senza ancora smettere di precederlo per indicare il cammino del Giusto che soffre ingiustamente)e quindi ora tocca a Gesù, che parte da Betania e va in Galilea ( per capirci: da vicino il Mar Morto (probabilmente) fino nel nord del paese!) incarnando l'annuncio della salvezza di Dio che parte dagli ultimi: La bella notizia.
Per questo non siamo più con Giona, che minaccia la distruzione di Ninive dopo tre giorni di pazienza di Dio.
Stavolta in palio c'è molto di più: la salvezza che Dio Padre ha preparato per l'uomo dall'eternità, sin dal giorno del frutto proibito nel giardino dell'eden, quando annunciò ad Eva che il frutto della sua discendenza avrebbe schiacciato la testa del serpente... vi ricordate?
Gesù smaschera definitivamente la menzogna, ci dice che il tempo dell'attesa è finito: Dio ha deciso che gli uomini sono pronti per ricevere il dono della vita.
Il Regno di Dio, la comunione di vita con Dio, la felicità, la vita piena e definitiva, tutto questo è stato messo a disposizione dell'uomo, ora tocca all'uomo vedere, riconoscere e accettare questo dono.
Vedere: convertirsi è la parola italiana che traduce quella greca che letteralmente significa guardare oltre (quindi capire, oltre le apparenze, il senso vero delle cose); VEDERE, quindi, è possibile perché c'è qualcosa o Qualcuno. Vi do un suggerimento prezioso, non è mio, è di tutta la tradizione cristiana, prendetevi un bel quarto d'ora (forse anche un pochino di più...) e su un quaderno scrivete tutte le volte che avete fatto esperienza diretta di Dio, che avete toccato con mano la sua misericordia e la sua provvidenza, questo significa fare memoria, non lasciar sprecare la grazia di Dio, poi usatelo per ringraziare.
Domanda: Dio sta vicino a noi, anche se abbiamo i problemi? Si! Specialmente perché abbiamo i problemi, anzi mi lancio e dico che proprio grazie a quei problemi che abbiamo potuto riconoscere che da soli non ce la potevamo fare e che, invece di ritrovarci soli e abbandonati (la menzogna del serpente!), abbiamo scoperto che c'era Lui lì pronto a salvarci.
Questo significa RICONOSCERE, partendo dai doni fatti, alla mano che ci ha fatto i doni, fino al proprietario di quella mano. Riconosci così che ti vuole bene come un padre, che non ti ha detto sempre si (proprio come un padre), ma che ogni cosa che ha fatto ti ha permesso di diventare una persona nuova, un figlio di Dio.
ACCETTARE allora è partire come i primi discepoli, lasciando tutto, comprendendo che ormai la vita di prima è sbiadita, che il peccato è solo la solita minestra riscaldata.
È questo cambiamento che la prima lettura ci dice che la gente di Ninive, tutti pagani, prendono così sul serio che anche il re e i bambini vestiranno il sacco. È il cambiamento che Paolo prova a indicare ai primi cristiani incitandoli a vivere ogni aspetto dell'esistenza, a partire dall'esperienza che avevano fatto (e sottolineo FATTO) di Gesù, allora si scopre, si capisce che passa la scena di questo mondo: passa la bellezza, anche con la chirurgia plastica passa lo stesso e più uno lo nega più diventa schiavo; passano i soldi, si pensi alla crisi, in quanto poco tempo ha affondato tutto; passa il potere (uno sguardo ai grandi potenti è alquanto istruttivo!), rimane quello che non è fasullo, quello che ha il sapore di Dio.
Noi possiamo stordirci, mentire a noi stessi, gridare le nostre argomentazioni per farle sembrare più vere, ma lo sappiamo bene come stanno le cose!
Ecco Gesù, oggi passa nel nostro lungomare e ci chiama: "vieni appresso a me". Significa guarda, ascolta, impara: impara a stare con Dio, a fare entrare aria pura e buona nei tuoi polmoni stanchi, accogli il suo amore e impara da Lui come riconoscere il bene che c'è in giro, e come farlo crescere. Impara anche come confrontarsi col male, col peccato, con la bruttezza che ci portiamo dentro in un angolo dell'anima e con cui, prima o poi, dobbiamo fare i conti. Guarda come fa Lui e poi ti puoi mettere in marcia.
Il nostro mondo ha bisogno come il pane di profeti, non di strilloni, di Torquemada, ma di persone che hanno vissuto sulla loro pelle cosa significa essere salvati dall'amore di Dio e poter guidare i fratelli, come vere guide alpine... sui sentieri di Dio.
La nostra fede è una vocazione: qualcuno che chiama e qualcun altro che risponde, per cui se sono cristiano solo perché sono nato in Italia da genitori cattolici... è cosa triste!
"Vorrei avere una fede vera, forte, consapevole e coerente!" Allora ascolta la voce di Gesù che ti chiama oggi nel vangelo e quando risponderai dopo il vangelo "lode a Te o Cristo" vuol dire che stai dicendo di si a questa chiamata.
Allora il regno di Dio oggi ha un figlio in più!