Omelia (25-01-2015) |
dom Luigi Gioia |
Convertitevi e credete al Vangelo Nel vangelo di Marco la prima parola pronunciata da Gesù è quella che abbiamo nel vangelo di oggi: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. Convertitevi e credete: queste due parole sono pronunciate, ma non sono spiegate. Di fronte a un appello, a una chiamata così concisa, così assoluta, è necessario chiedersi cosa voglia dire ‘convertirsi', cosa voglia dire ‘credere'. La caratteristica principale del Vangelo di Marco è quella di spiegare le cose non tanto attraverso dei concetti o delle idee ma visualmente. Ci fa capire quello che Gesù vuole, quello che Gesù insegna, quello che Gesù trasmette attraverso immagini, azioni, gesti. Ed infatti, subito dopo aver invitato alla conversione e alla fede, Gesù passa lungo il mare di Galilea, trova Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni e dice loro: Venite dietro a me. Ed essi, lasciando tutto quello che stavano facendo, lo seguono. Attraverso queste azioni ci è dunque rappresentato, mostrato visualmente che "convertirsi", "credere in Dio" vuole dire "venire dietro a Gesù". Gesù è sempre in movimento, è in cammino, si dirige in una direzione precisa. Va verso Gerusalemme, verso quello che deve succedergli e che profetizza per tre volte: la passione e la morte sulla croce. Ma il suo itinerario non finisce a Gerusalemme sulla croce. La croce non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza, non è un muro chiuso, non è un vicolo cieco, ma è una porta, è una scala che abbraccia tutta l'umanità per congiungere la terra al cielo. E' il mezzo attraverso il quale Cristo riapre le porte dei cieli. E' il mezzo attraverso il quale questo lungo itinerario attraverso il quale ha condotto i suoi discepoli durante la sua vita terrena giunge al suo vero fine, alla sua vera destinazione che è il ritorno nel seno Padre. Gesù dunque è costantemente in movimento. Quando dicono a Gesù: "Ti cercano, ritorniamo indietro", Gesù risponde: "No, io devo andare avanti, perché è per questo che sono venuto. Devo muovermi, perché sto andando in una direzione, questa direzione è ritornare al Padre, ricondurre l'umanità al Padre". Ritornare a questo Padre dal quale ci eravamo allontanati per andare in un paese lontano a spendere la nostra fortuna, la fortuna che avevamo ereditato da lui, fino a ritrovarci nella miseria, nella povertà, nella solitudine, separati da Dio. Gesù è sempre in movimento, va verso il Padre e ci chiede è di andare dietro di lui. Questa è la conversione. Questa è la fede. La fede è credere a Gesù, è aderire a Gesù, è lasciarci condurre da lui in questo cammino di ritorno al Padre. E' interessante notare che la prima volta in cui Gesù ci chiede di credere in lui, non ci dica in cosa dobbiamo credere, non ci dice di credere al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, alla chiesa, alla comunione dei santi, alla resurrezione dei morti. Tutto questo ce lo spiegherà piano piano durante il cammino. Credere non è prima di tutto consentire ad un contenuto. Credere è prima di tutto aderire a Gesù, è prima di tutto percepire questa chiamata di Gesù. E' sentire lui che dice a noi, come disse a Pietro, ad Andrea, a Giacomo e Giovanni: Venite dietro a me. Nell'invito di Gesù c'è poi un'altra nota importante da cogliere: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Mi è successo di trovarmi al capezzale di persone che arrivavano alla fine della loro vita. In queste circostanze, come ogni cristiano dovrebbe cercare di fare, ho provato con delicatezza a proporre una riconciliazione con il Signore. Spesso mi è successo di sentirmi dire: "Non ho fatto del male a nessuno. Ho cercato di vivere onestamente la mia vita. Non ho coscienza di aver fatto del male. Ho fatto quello che dovevo fare". Naturalmente, di fronte a un tale atteggiamento, la sola risposta possibile è quella del rispetto, è quella del silenzio, sapendo che il Signore ha le sue vie per aprirci al dono della sua misericordia. Ma il vangelo di oggi ci da forse qualche elemento di risposta a questo atteggiamento. I primi discepoli che Gesù ha chiamato, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni - queste persone che Gesù ha invitato alla conversione, queste persone che Gesù ha invitato a credere a lui, a seguirlo, stavano forse facendo qualcosa di male? Niente affatto. Stavano facendo il loro dovere. Stavano gettando le reti in mare, le stavano ritirando, riassettando, riparando, si stavano occupando della loro famiglia. La conversione non vuol dire necessariamente passare dal fare del male al fare del bene. La conversione consiste forse prima di tutto in una presa di coscienza. La presa di coscienza è questa: i tempi sono cambiati. Siamo in una situazione diversa, c'è una urgenza nuova. Paolo lo dice nella seconda lettura di oggi: Il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente. Non è un invito all'anarchia. Non è un invito a rompere il legame coniugale. Non è un invito a vivere solo di aria, nei campi. Non è questo ciò a cui siamo invitati. Siamo invitati a prendere coscienza del fatto che con la venuta di Gesù, grazie alla venuta di Gesù, poiché Gesù ha riaperto la via verso il Padre, questo mondo che era una prigione nella quale dovevamo adattarci, e vivere come meglio potevamo, per tutta la durata che sarebbe stata necessaria, ebbene, questo mondo non è più una prigione, ma è un luogo di passaggio, un luogo di transizione. E' una di queste stazioni attraverso le quali passiamo, quando cambiamo tra un treno e l'altro. Non ci fermiamo qui. Certo, facciamo quello che dobbiamo fare. Se restiamo una notte o un giorno in un aeroporto attendendo una coincidenza in ritardo, mangiamo, dormiamo, prendiamo eventualmente una camera d'albergo. Però non ci stabiliamo definitivamente lì. Non ci attacchiamo a quello che troviamo, come se fosse qualcosa destinato a durare per sempre, perché sappiamo che siamo lì semplicemente di passaggio. La presa di coscienza fondamentale alla quale Gesù ci invita è proprio questa: Dio è venuto in mezzo a noi per ricondurci nella nostra vera patria, nel solo luogo dove la nostra vita trova pienezza di senso, nel solo luogo dove tutte le nostre vicende umane trovano la loro cifra, la loro chiave, nel solo luogo nel quale troveremo quella pace, quella serenità, quella sazietà che desideriamo e della quale abbiamo così profondamente sete. Il tempo si è fatto breve. La figura di questo mondo passa. Gesù è venuto. Se dobbiamo convertirci, se dobbiamo cambiare la nostra vita, se dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento nei confronti di quello che usiamo, non è perché stiamo facendo qualcosa di male. Qualche volta può esserlo, ma la maggior parte del tempo non è perché i beni di questo mondo non siano dei beni, ma perché sono transitori. Non possiamo far dipendere da essi tutto il senso della nostra vita perché dobbiamo fare di tutto quello che abbiamo, di tutto quello che siamo in questa vita un trampolino per la prossima, per quella nella quale Gesù già ci introduce, invitandoci a convertirci, invitandoci a credere, invitandoci a seguirlo. Chiediamo allora al Signore questa grazia: Signore, voglio credere in te. Signore, voglio aderire a te. Signore, so che più aderisco a te, più amo te, più metto te al primo posto nella mia vita, più posso usare di tutto il resto nel modo migliore, nel modo più proficuo, nel modo che permette a tutti questi beni di produrre il loro vero frutto, un frutto di gioia, di pace, di consolazione, e un frutto soprattutto che manifesterà tutta la sua bellezza nel giorno nel quale vedremo Dio come egli è, e vivremo insieme, eternamente, nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. |