Omelia (01-02-2015)
mons. Roberto Brunelli
Insegnava come uno che ha autorità

"Gesù, entrato di sabato nella sinagoga di Cafarnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi". Così si legge nel vangelo di oggi (Marco 1,21-28).
A Cafarnao: la prima parte della vita pubblica di Gesù si svolse in Galilea, la regione settentrionale della terra d'Israele, dove si trovano località dal nome che i vangeli hanno reso familiare: Cana, dove a un banchetto nuziale tolse dall'imbarazzo gli sposi cambiando l'acqua in vino, Naim, dove risuscitò il figlio della vedova, il monte Tabor, dove si trasfigurò, Nazaret, il modestissimo villaggio dove era vissuto sino ad allora, e appunto Cafarnao. Quando diede inizio alla sua predicazione (con l'annuncio sentito domenica scorsa: "Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete nel Vangelo") egli lasciò il suo villaggio per trasferirsi appunto qui, nell'unica che tra tutte le località della Galilea poteva dirsi una città.
Dunque a Cafarnao, nella sinagoga, insegnava, suscitando lo stupore dei presenti. Spesso i vangeli rilevano la meraviglia delle folle dinanzi all'operato di Gesù; di rado però ne danno la motivazione. La coglie Marco: Gesù guarisce un "indemoniato" (cioè un malato, probabilmente uno psicopatico o un epilettico) e davanti al prodigio "tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: 'Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!' ". Il timore dei presenti non è da intendere come paura: è piuttosto la sorpresa e il rispetto di fronte a qualcosa che intuiscono soprannaturale.
I presenti sono stupiti anzitutto dalla novità dell'insegnamento di Gesù, che si differenzia da quello degli scribi, gli esperti della Legge divina, i quali la spiegavano sempre rifacendosi ad autorità precedenti. Non è detto qui in che consistesse la novità, ma ne offre esempi il vangelo secondo Matteo (5,21-44): "Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non giurare il falso; ma io vi dico: non giurate affatto. Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio. Avete inteso che fu detto 'Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici'...".
Un insegnamento nuovo, dunque, che non cancella l'antica Legge ma ne fa scoprire la valenza più profonda; che oltre ai fatti guarda alle intenzioni; che svela come la fede in Dio non si manifesti semplicemente nei fatti esteriori ma consista anzitutto nella personale, interiore adesione a Lui. Un insegnamento nuovo, che Gesù dimostra di poter impartire non a nome di altri ma per autorità propria, quella stessa per la quale può guarire l' "indemoniato" e tutti gli altri di cui i vangeli danno testimonianza. In effetti i miracoli, prima che un segno della sua compassione verso chi soffre, sono espressione dei suoi poteri straordinari, e dunque anche del potere di stabilire il senso autentico e profondo della Legge, vale a dire di quanto era stato tramandato come volontà di Dio.
Se è così, la parola di Gesù è la legge suprema, di fronte alla quale non si discute né si contratta: prendere o lasciare, come si usa dire. Nessuno, neppure le autorità della Chiesa, può permettersi di cambiarla; compito della Chiesa è quello di diffonderla, spiegarla, ricavarne le applicazioni ai sempre nuovi casi della storia, mentre l'impegno del credente sta nel conoscerla, capirla bene in tutte le sue implicanze, e metterla in pratica. Niente di meno, niente di diverso.