Omelia (01-02-2015) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura delle Clarisse di Via Vitellia "Salvaci, Signore Dio nostro": così si apre l'antifona di ingresso di questa domenica, e mi piace sottolinearlo nel dubbio che il canto iniziale la oscuri. Se ci raccogliamo davanti al Signore è perché cerchiamo la salvezza. E a questo nostro grido di aiuto nella liturgia di oggi ci viene risposto così: "Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio...". Siamo dunque rimandati alla voce e alla parola di un fratello, a cui prestare obbedienza. Certo, non è facile, ma questo d'altra parte è proprio l'inganno in cui cadono molti di noi e che si traduce nel ritornello tante volte udito: Dio sì, la Chiesa no... Ritornello banale, da cui quella parte del Popolo di Dio cosiddetta "impegnata" prende subito le distanze. Ma siamo proprio così sicuri che non ci riguardi in qualche modo? Siamo sempre così docili alle parole dei fratelli che ci circondano, preposti a noi in forza del loro ministero? Riusciamo con facilità ad udire nella loro voce, voce forse stentata, fragile, quella di Dio? A vedere nella persona di quel fratello di cui conosciamo come si suol dire "vita, morte e miracoli" un riflesso della presenza di Dio? "Un profeta pari a me", dice il Signore: quel fratello è pari a Lui... Non solo: "Gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto". Quindi la questione è seria, in gioco è appunto la nostra salvezza, quella chiesta nel grido di inizio. E' innegabile che ci sia una fatica nel compito di vedere il Volto Santo di Dio dentro le pieghe di volti umani tante volte segnati dal limite, dalla fragilità, anche dal peccato, peccato a volte tragicamente evidente. Diamo però uno sguardo al vangelo. I pii israeliti di Cafarnao erano stupiti nell'ascoltare l'insegnamento di Gesù nella sinagoga, stupore che sfocia in timore dopo il miracolo della liberazione dell'indemoniato. C'è una fatica da parte dei suoi contemporanei anche nel vedere nel Volto di Gesù il Volto Santo di Dio, fatica tante volte rimandataci dai Vangeli: "Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose? (Mt 13,54b-56)". Lo dice bene San Francesco d'Assisi in un'ammonizione ai suoi frati: "...Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello Spirito, poiché è lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Ma anche il Figlio, in ciò in cui è uguale al Padre, non è visto da alcuno in maniera diversa da come si vede il Padre né da come si vede lo Spirito Santo" (I Ammonizione 5b-7). Se ragioniamo in termini puramente umani, orizzontali, secondo valutazioni pur ragionevoli e logiche, ma secondo la logica del mondo, non saremo in grado di vedere "oltre": quell'"oltre" che solo nello Spirito può essere colto e che necessita di un atto di fede, proprio perché non può essere spiegato secondo una logica terrena, "carnale", direbbe Francesco, dove con "carnale" si intende tutto ciò che si oppone allo Spirito. Forse possiamo cogliere il senso di questo discorso anche dalla seconda lettura della liturgia di oggi, là dove Paolo mette a paragone la logica del mondo e quella del Signore. Non si tratta certo di bollare il matrimonio come una realtà avversa allo Spirito del Signore, quanto piuttosto di far capire che la vita matrimoniale ha degli aspetti che possono scadere nella mondanità e distrarre dalla ricerca di Dio solo, mentre chi sceglie la via della castità ha l'unica preoccupazione di piacere a Dio. Ripeto: il matrimonio è buono - sappiamo addirittura di una coppia di sposi, Priscilla e Aquila, collaboratori fedeli ed efficaci di Paolo nella sua instancabile opera di evangelizzazione (cf. At 18,2.18). E' però importante stabilire una giusta priorità nelle scelte di vita, privilegiando ciò che ci consente di "restare fedeli al Signore, senza deviazioni". E nel matrimonio entra giustamente una componente "carnale", assolutamente necessaria, che non è poi così facile assoggettare alla legge dello Spirito, quello Spirito che dà la vita. Dunque la legge dello Spirito e la legge della carne messe a confronto, per una lotta che impegna il cristiano per tutta la lunghezza della sua vita: il pensiero del mondo e il pensiero di Dio, lo sguardo di fede e lo sguardo terreno, la voce dello Spirito e la voce della carne... continuamente siamo chiamati a discernere e poi a decidere chi ascoltare. E non è facile, lo ripeto, perché la carne fa da diaframma e può creare interferenza. Lo dimostra lo stesso vangelo di oggi, nella reazione dello spirito impuro alla parola di Gesù. Di fronte all'insegnamento autorevole di Gesù, mentre i pii israeliti sono muti per lo stupore e cercano di capire, lo spirito impuro non può trattenere un disperato atto di fede... disperato ovviamente dal suo punto di vista! "Io so chi tu sei: il santo di Dio!", e per lui questo vuol dire rovina e sconfitta. Lo spirito impuro appunto è spirito, dunque coglie con evidenza e immediatezza ciò che noi fatichiamo a riconoscere, costretti da esseri carnali quali siamo ad una lotta interiore per un discernimento a volte faticoso. Allo stesso modo, come raccontano gli esorcisti, lo spirito impuro davanti ai ministri di Dio trema e si sottomette, proprio quei ministri di fronte a cui noi restiamo a volte perplessi e increduli, perché uomini come noi, fragili come noi. "Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole": il demonio lo riconosce al solo avvicinarsi, perché vede con gli occhi dello spirito ciò che noi vediamo in modo carnale: noi vediamo la fragilità della carne, il demonio vede la grazia dello Spirito. E' curioso, proprio lo spirito del male, ancora una volta costretto a servire il disegno di Dio, ci si fa oggi maestro di fede e ci insegna l'ascolto e la sottomissione a coloro che Dio ha scelto in mezzo al suo popolo come suoi profeti. |