Omelia (01-02-2015) |
mons. Gianfranco Poma |
Un insegnamento nuovo e autorevole Con il Vangelo di Marco ci mettiamo in cammino, in compagnia dei primi quattro chiamati da Gesù, per diventare suoi discepoli. Il brano che oggi leggiamo, Mc.1,21-28, è l'inizio: comprendere chi è Gesù e che cosa significhi essere suoi discepoli sarà un percorso lungo tutto il Vangelo, che comporta un continuo rimetterci in discussione. Già da questa pagina appare tutta la singolarità di Marco: il lettore è coinvolto nell'interpretazione di un testo volutamente essenziale, perché ciascuno lo comprenda nella propria personale esperienza. Marco è sempre spiazzante, perché il lettore non si illuda di poter facilmente catturare la persona di Gesù e ritenersi suo discepolo, si senta invece coinvolto nell'avventura affascinante di una relazione nella quale la scoperta mai conclusa della persona di Gesù diventa motivo della realizzazione di orizzonti sempre nuovi della propria esistenza personale. Gesù entra in scena a Cafarnao, di sabato, nella sinagoga: tutto è vita normale che scorre. In questa normalità Gesù si inserisce "insegnando, con un insegnamento che suscita stupore perché insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi". Marco insiste sull'insegnamento e sulla autorità di Gesù. Gesù "insegnava": l'uso del verbo all'imperfetto significa il ripetersi dell'azione. Insegnava "nella sinagoga" senza autorizzazione istituzionale, mentre sono al loro posto gli scribi interpreti istituzionalmente autorizzati della Legge. Eppure Gesù insegna e stupisce con la sua autorità: ma da dove gli deriva? E che cosa Gesù insegna? E si affollano le domande! È singolare che Marco non dica nulla del contenuto dell'insegnamento. Forse è proprio questo che stupisce: mentre gli scribi si affannano nel loro interpretare, nel loro elaborare dottrine, Gesù "insegnava" mostrando la novità della sua vita come il "compimento" della Legge. Ed appare anche la sua "autorevolezza" che genera stupore: non si tratta solo di una "dottrina" migliore, più profonda o meglio costruita, rivolta all'intelligenza, ma di una forza che mentre mostra, trasforma le persone che si aprono ad accoglierla. "E subito, c'era nella sinagoga un uomo...", ma chi è questo uomo? Forse uno scriba, o uno dei presenti..., Marco dice solo "un uomo": ciascuno di noi può riconoscersi in lui. È un uomo "in spirito impuro": non è facile tradurre e interpretare questa espressione. Può significare semplicemente la condizione dell'uomo normale, impaurito, non libero, diffidente, di fronte all' "insegnamento autorevole" di Gesù. "Che c'è tra noi e te, Gesù Nazareno?", non è, forse, la domanda che sorge spontanea nel cuore dell'uomo fragile, cosciente della propria impotenza, di fronte a "Gesù Nazareno"? "Quale relazione può esserci tra noi e te, così autorevole, e così uomo come noi, Gesù Nazareno? Possiamo fidarci di te?" "Sei venuto a rovinarci?" "Sei venuto ad illuderci?" "Sei venuto a turbare la nostra mediocre tranquillità?" "Io so chi tu sei, il santo di Dio!". Passando dal "noi" all' "io", l'uomo nello spirito impuro proclama di conoscere l'identità di Gesù: "il santo di Dio". Ma, secondo il modo normale di pensare, l'intervento di Dio nella vita dell'uomo peccatore, non può che essere di condanna: alla fine l'uomo preferisce non essere turbato. Queste domande sono pure le nostre: noi pure, lettori attuali di Marco, non possiamo non chiederci qual'è la qualità della nostra relazione con Gesù Nazareno. È proprio Gesù che con forza si rivolge all'uomo e allo spirito impuro: "Mettiti in silenzio ed esci da lui". Non si può entrare in una relazione autentica con Gesù se si presume di poterne autonomamente conoscerne l'identità: solo il silenzio è la condizione per entrare nella sua conoscenza e solo l'ascolto della sua Parola opera nel cuore dell'uomo la liberazione dalle paure che impediscono la relazione vera con lui. Marco dice che "lo spirito impuro uscì da lui scuotendolo ed emettendo un forte grido", come per dire che la libertà interiore, il distacco dalle proprie fragili sicurezze per entrare nella relazione con Gesù Nazareno, comporta un distacco coraggioso. È l'inizio del cammino con Lui. Lo scorrere abitudinario del tempo nella sinagoga di Cafarnao è interrotto dall'incontro di Gesù Nazareno con un uomo condizionato da uno spirito impuro. Tutti rimasero sorpresi e dentro di sè cominciarono a chiedersi: "Ma che cos'è mai questo? Un insegnamento nuovo, pieno di autorità. Comanda agli spiriti impuri e gli obbediscono!" La novità di Gesù ha fatto irruzione nel mondo: il suo insegnamento non è una dottrina, una sublime lezione di teologia o di etica da imporre sulle spalle impotenti dell'uomo, è lui stesso, libero, che chiede solo di essere accolto come forza liberante. Nel cuore di tutti (anche nei nostri cuori) è nata la domanda, nel mondo si è diffusa la sua fama: chi è Gesù, cos'è questa dottrina nuova? Ed inizia il cammino che si concluderà sulla Croce, nel quale lui stesso, gradualmente, ci introduce nella conoscenza della sua identità, nell'incontro impensabile con un Dio che non schiaccia l'uomo, ma gli dona se stesso, lo ama, lo libera perché viva. |