Omelia (01-02-2015) |
dom Luigi Gioia |
Insegnava loro come uno che ha autorità In questa quarta domenica del tempo ordinario la prima lettura dal libro del Deuteronomio promette un nuovo profeta: Mosè parlò al popolo dicendo: Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. Il Signore promette la venuta di una persona che parla nel nome di Dio, nella cui voce si può riconoscere la voce di Dio. In quasi tutte le religioni esistono figure di questo tipo. Normalmente sono i sacerdoti che parlano e agiscono in nome della divinità, che fungono da mediatori, che sono consultati come oracoli - il loro ruolo è di interpretare gli eventi della storia o della vita delle persone in nome della divinità. La novità del cristianesimo è quella che questa figura del sacerdote, del mediatore, scompare. Nel cristianesimo non ci sono più mediatori, non ci sono più delle persone che hanno il monopolio del sacro, non ci sono più degli intermediari senza i quali non è possibile avere accesso a Dio. Infatti nel cristianesimo c'è un solo mediatore, un solo sacerdote tra il cielo e la terra: Cristo Gesù. La prima lettera a Timoteo e soprattutto la bellissima lettera agli Ebrei affermano chiaramente questo punto fondamentale della teologia del Nuovo Testamento: nel cristianesimo c'è un solo mediatore, c'è un solo sacerdote, c'è un solo profeta che parla a nome del Signore. Abbiamo sentito nella lettura del Deuteronomio: Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me, un nuovo Mosè. E infatti nei vangeli dell'infanzia Gesù è presentato come il nuovo Mosè: come quest'ultimo fu salvato dall'ira del faraone così Gesù è salvato dall'ira di Erode. Oppure come Mosè aveva dato i dieci comandamenti, la legge mosaica, così Gesù dà la legge nuova che sono le beatitudini nel discorso sulla montagna. Questo parallelo tra Mosè e Gesù è molto importante. Gesù è il nuovo Mosè. Gesù è il nuovo profeta. Questo profeta che annunciava il libro del Deuteronomio. Di questo profeta si dice: A lui darete ascolto. Mosè non è ascoltato. Nel Deuteronomio e dell'Esodo la voce di Mosè è sempre discussa, è sempre contestata. Invece Dio afferma che a lui (a Gesù) darete ascolto. Questa promessa trova il suo compimento nel Vangelo di oggi quando si dice che coloro che ascoltavano Gesù erano stupiti del suo insegnamento, perché egli insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi. Il vangelo si conclude dicendo: Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità. Gesù solo parla con autorità. Un'autorità che è duplice. Prima di tutto è l'autorità di colui che è il nostro creatore, cioè un'autorità che non è esteriore a noi. Essere il nostro creatore vuol dire - come lo ha espresso ammirevolmente Agostino - che Dio è più intimo a noi di noi stessi. E poi è l'autorità di colui che ci ha salvato, ci ha redento, il nostro salvatore che ha dato la vita per noi. Come dice Paolo: Cristo mi ha amato e ha dato la sua vita per me. Chi mi ama, chi dà la vita per me acquista nella mia vita un peso, un'autorità particolare - anche in questo caso non esteriore, formale, ma un'autorità la cui portata deriva dalla relazione privilegiata che il dono di sé ha creato nei nostri riguardi. Come dice appunto Paolo: Proprio perché Cristo mi ha amato e ha dato la sua vita per me, non sono più io che vivo ma Cristo che vive in me. Per questo diamo ascolto a Gesù. E' questo che vuol dire il Vangelo quando afferma che Gesù parlava come uno che ha autorità. La sua parola colpiva in un modo assolutamente nuovo, assolutamente diverso, e faceva sì che lo si ascoltava volentieri. Lo si ascoltava in un modo diverso. La sua parola penetrava in un modo particolare nel cuore di coloro che lo ascoltavano, proprio quello che profetizzava il libro del Deuteronomio: A lui darete ascolto. Effettivamente, risorto, il Signore è presente non solo al di fuori di noi stessi, ma in noi stessi, per mezzo del dono dello Spirito Santo. Riconosciamo la sua voce non fuori di noi ma dentro di noi. E' una voce che istruisce nel cuore. Questo ultimo tratto, molto importante, è ribadito da questo passaggio della prima lettera di Giovanni, al capitolo 2: L'unzione che avete ricevuto, il dono dello Spirito Santo, rimane in voi e non avete bisogno che alcuno più vi istruisca dall'esterno, perché la sua unzione - la presenza dello Spirito Santo - vi insegna ogni cosa nel vostro cuore ed è veritiera, non mente, così voi rimanete in lui, come essa (questa unzione, questa presenza dello Spirito Santo) vi ha istruito. In questo senso, paradossalmente, se da una parte non ci sono più mediatori, non ci sono più sacerdoti come altre religioni o nell'Antico Testamento, d'altra parte tutti i cristiani sono profeti e sono sacerdoti. I cristiani non hanno più bisogno di mediazione, hanno lo Spirito, hanno l'unzione nel proprio cuore. Tutti sono uniti a Cristo risorto. Ogni cristiano è figlio di Dio, perché unito al Figlio, e può chiamare Dio Padre, perché ha nel suo cuore lo Spirito Santo. Ha - come dice la lettera agli Ebrei - diretto accesso al trono del Padre e non ha più bisogno di nessuno che lo istruisca. Questo non vuol dire che non ci sia più bisogno di pastori, di insegnanti e di ministri. Gesù stesso ha designato delle persone per parlare e agire in suo nome - l'istituzione dei dodici apostoli attestata dai vangeli. Questi apostoli sono mandati a proclamare la buona novella, a battezzare e a spezzare il pane in memoria di Gesù, e trasmettono questo dono per mezzo dell'imposizione delle mani. A questi inviati - "apostoli" vuol dire appunto "inviati" - che il Nuovo Testamento chiama presbiteri o anziani, preti, ma mai sacerdoti (e questo è molto importante, il Nuovo Testamento non li chiama mai sacerdoti, proprio per distinguerli dai sacerdoti delle altre religioni e dell'Antico Testamento), ebbene, a questi inviati, a questi preti, il Signore dice: Io sono con voi fino alla fine del mondo. Gesù, solo vero profeta, resta presente, e senza la sua azione il ministero di coloro che lui stesso invia non porterebbe nessun frutto. Senza di me - dice Gesù - non potete fare nulla. E poi raccomanda loro: restate uniti a me come i tralci alla vite. Gli inviati dunque, questi presbiteri, annunciano la Parola, ma sappiamo bene che questa parola a volte è udita e a volte no, a volte converte i cuori e a volte no. Infatti non basta ripetere le parole contenute nei vangeli, non basta essere stati ordinati presbiteri, non basta aver ricevuto un ministero nella chiesa, per dare efficacia all'annuncio. L'annuncio della Parola è efficace, agisce, è vivo, lo si ascolta, solo quando nella parola del ministro si sente la voce del solo vero profeta che è Cristo, solo quando si riconosce la voce di Cristo, perché solo la voce di Cristo ha autorità. Quante prediche ascoltiamo! Perché alcune ci parlano ed altre no? Quante voci sentiamo nella chiesa! Perché alcune parlano al nostro cuore ed altre no? Parlano al nostro cuore solo le voci nelle quali il nostro cuore riconosce la voce di Cristo. E da cosa riconosciamo la voce di Cristo? Proprio dal fatto che la voce di Cristo ha un timbro inconfondibile, dal fatto ci svela a noi stessi, ci fa prendere coscienza del nostro peccato, ma con dolcezza - ci risveglia, a volte ci scuote, ma sempre al tempo stesso sempre consolandoci, confortandoci e soprattutto accendendo nel nostro cuore la speranza e l'amore. Questa è l'autorità della Parola: è la sua capacità di farci aderire al Padre, di farcelo amare sempre di più, dal di dentro. Chiediamo al Signore di inviare sempre più numerosi dei ministri nella cui voce sia possibile riconoscere la voce di Cristo. Chiediamogli la grazia per ciascuno di noi di cercare questa voce nel nostro cuore. Solo in questa sintonia tra la voce di Cristo udita nel nostro cuore e la trasparenza alla voce di Cristo dei ministri che egli invia diventa possibile essere raggiunti da questa parola efficace che effettivamente converte, cambia, trasforma le nostre vite. |