Omelia (08-02-2015) |
mons. Gianfranco Poma |
Ed essa li serviva Il Vangelo di Marco ci incalza continuamente con il suo stile essenziale: noi lettori potremmo desiderare una maggiore abbondanza di particolari per capire meglio il senso di ciò che narra. Ma Marco vuole proprio questo: vuole coinvolgerci personalmente. Non gli interessa informarci con precisione sui fatti ma farceli vivere, farci sentire che Gesù incontra noi, oggi, entra in relazione con noi, in modo che i tratti precisi dell'evento che leggiamo, oggi, siano i nostri. Chi è Gesù per noi? "Subito" (questo avverbio ritorna continuamente nel racconto di Marco) il problema dell'identità di Gesù si pone, non come domanda "teologica", ma come desiderio di autenticità di relazione: Marco ci guida facendoci incontrare Gesù ma liberandoci dall'illusione di poterlo ridurre facilmente ai nostri pensieri. L'incontro con Gesù è il senso della nostra esistenza, ma egli spiazza continuamente le nostre pretese di conoscerlo prima di esserci lasciati guidare da Lui là dove egli vuole condurci per svelarci chi lui è. Il brano che oggi leggiamo (Mc.1,29-39) continua la descrizione della giornata di Gesù a Cafarnao. Dopo aver destato stupore per il suo insegnamento nuovo, pieno di autorità, "subito, uscendo dalla sinagoga, si recò nella casa di Simone e di Andrea, con Giacomo e Giovanni". Ancora una volta la narrazione di Marco è un capolavoro di concisione: tutto appare normale, e tutto, in realtà, è nuovo. Certo Marco ha ricevuto dalla tradizione la notizia dell'incontro di Gesù con la suocera di Simone, ma quando scrive il Vangelo ("la lieta notizia" diventata ormai uno scritto) tutto è rivissuto dalla nuova comunità che sta nascendo, che vive di Lui risorto che "uscendo dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone e di Andrea": ecco la grande novità, la comunità non vive più della Legge spiegata dai rabbini, ma di Gesù risorto che entra nella trama normale della vita, nella casa di Simone e di Andrea, con Giacomo e Giovanni i primi anelli di una catena di coloro che egli continua a chiamare. La novità qualitativa della comunità che sta nascendo è che Lui, Gesù risorto, è la sua vita, Lui con la sua "exusia", (parola difficilmente traducibile perché è la assoluta novità che deriva dalla sua morte e risurrezione), che non è potere, autorità giuridica, ma è pienezza e forza di vita che si comunica e fa vivere. Nella casa di Simone e di Andrea, tutto diventa significativo: c'era la suocera che aveva la febbre, l'umanità sofferente, la fragilità della donna, condizionata da chissà quale febbre. "E subito parlano a lui di lei": che cosa deve fare la comunità dei discepoli di Gesù in ogni situazione della vita e della storia in cui viene a trovarsi? Che cosa dobbiamo fare oggi noi, chiamati ad affrontare nuovi problemi? "Parlare a lui di lei" significa imparare a lasciare che l'esperienza dell'incontro con lui illumini i nostri problemi. "Mettere una mente al cuore" è forse la migliore interpretazione di ciò che hanno cominciato a fare i primi discepoli e che noi siamo chiamati a continuare. Gesù "avvicinandosi, la innalzò prendendola per mano e la febbre la lasciò": ecco il suo "insegnamento nuovo autorevole" non fatto di parole, il suo farsi prossimo, il suo amore che "abbassandosi innalza", il suo prendere per mano, camminare insieme con il suo amore che innalzando libera. L'incontro di Gesù con la fragilità umana è una forza che la trasforma interiormente e la salva. Adesso Marco dice che la suocera di Simone, "innalzata" da Gesù, "li serviva": la sua vita nuova è il "servizio". Mentre gli scribi non volevano essere serviti dalle donne, Gesù che "insegnava con autorità e non come gli scribi", innalza la donna, ed essa "li serve". Ma che cosa significa questa "diaconia"? La suocera di Simone immediatamente entra nel dinamismo di vita che è quello di Dio, l'Amore che si annienta per essere forza che fa vivere: essa ha anticipato il cammino compiuto dalle donne, le sole che accompagneranno Gesù fino alla croce, le prime che lo incontreranno risorto, per comprendere che il "servizio" è la partecipazione più intima alla vita di Dio. Il servizio è la vera condizione per essere figli di Dio, per gustare la vita di un Dio che si annienta per donare Amore: la suocera di Simone ha anticipato quello che Gesù, il "servo di Dio", mostrerà sino alla pienezza del suo "servizio" che è la Croce. È il mistero, l'inafferrabile novità della identità di Gesù, l'Amore che si annienta per essere divino, che egli per primo cerca nella prolungata solitudine della preghiera, non aderendo alla richiesta equivoca della folla e neppure alla interessata mediazione dei discepoli: Gesù è libero e l'incontro con lui è liberante. A chi lo cerca risponde con una domanda: "Perché mi carcavate?", invitando ad un cammino di verità interiore perché l'incontro con lui sia l'accoglienza della lieta notizia per cui egli è venuto. La sua domanda oggi è rivolta a noi: "Perché mi cercate?" E ci svela che egli è venuto per portare al mondo "una lieta notizia" che possiamo conoscere e gustare in un cuore spogliato che non cerca il possesso ma la libertà per servire. |