Omelia (15-02-2015)
don Giovanni Berti
Gesù guarisce la fede

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Questo racconto evangelico sembra come quei film che amo particolarmente, dove la bravura dello sceneggiatore e del regista inganna lo spettatore, attirandolo in una storia dove gli tutti elementi (personaggi, dialoghi, avvenimenti e luoghi) sembravano avere un significato e una direzione precise, ma alla fine si rivelano avere un altro senso e un'altra direzione, addirittura opposte a quello che era all'inizio. E così quelli che parevano i buoni si rivelano i cattivi e anche il contrario, quello che sembrava non avere soluzione invece si risolve ma in modo opposto a quello immaginato, e si esce dal cinema con la piacevole sensazione dell'inganno riuscito e con l'idea che davvero tutto quello che è bene e giusto non sempre appare nell'immediato, e quindi ci vuole attenzione e capacità di vedere le cose in modo sempre nuovo.
E' quello che succede in questo racconto, per molti aspetti simile e in linea con il racconto della guarigione della suocera di Pietro qualche riga sopra nel Vangelo.
Un lebbroso si presenta da Gesù, e secondo la mentalità religiosamente perversa del tempo, chiede di essere purificato. La lebbra era una malattia terribile e inguaribile, letta come segno di maledizione e di impurità. Era il modo sbrigativo di risolvere un problema sociale usando le armi della religione, ricacciando sul malato ogni responsabilità di quello che gli succede. Questo lebbroso sente quindi il peso della malattia e ancora di più il peso della sua maledizione religiosa e sociale. Per questo chiede di essere purificato.
Gesù subito sembra essere in linea con la mentalità e gli concede la purificazione chiesta accompagnata dalla guarigione fisica.
Ma qualcosa nel racconto ci rivela che le intenzioni di Gesù sono altre. Egli vuole guarire la mentalità lebbrosa della società che si è insinuata anche nella mente stessa del malato. Lo rimprovera con una severità molto strana a prima vista. In realtà Gesù lo rimprovera per guarirlo da questa idea sbagliata di se stesso come impuro e l'idea malsana di Dio come punitore. Il comando di andare dai sacerdoti a presentarsi per certificare la guarigione avvenuta (come previsto dalle leggi religiose) non è per seguire la tradizione, ma proprio per scalzarla. L'ordine di andare dai sacerdoti secondo quello che prevede la legge serve per far capire proprio ai sacerdoti e a tutto l'impianto religioso che la lebbra sta proprio in questo sistema di esclusione religiosa e sociale da loro messa in piedi.
Un ulteriore colpo di scena è nella disobbedienza virtuosa del lebbroso guarito. Infatti quest'uomo "salta" il passaggio della tradizione, cioè recarsi dai sacerdoti, è inizia a diventare un discepolo che annuncia le parole e i gesti di Gesù.
La prima comunità cristiana vede in questa storia il senso della propria esperienza. Gesù salvatore del mondo e dell'anima, va annunciato non come personaggio storico del passato, ma come colui che fa fare ancora oggi esperienza di salvezza personale e comunitaria. Gesù è il guaritore dell'anima e del mondo (non in senso medico "miracolistico") capace di togliere quello che rende l'uomo impuro nel profondo, è che la cattiveria, il giudizio, il non-amore.
Un altro dettaglio interessante e dirompente di questo racconto, è Gesù che anche stavolta tocca per guarire. Toccare un lebbroso significava contagiarsi della sua stessa impurità interiore oltre che un rischio sanitario. Ecco che Gesù non teme di condividere la vita di questo povero, e già con quel gesto manifesta la sua azione di salvezza che ha nella condivisione il primo passaggio fondamentale.
Siamo disposti anche noi a continuare questa opera di Dio? Siamo disposti a condividere per salvarci gli uni gli altri?

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