Omelia (15-03-2015)
fr. Massimo Rossi
Commento su Giovanni 3,14-21

Dentro la croce è custodito un segreto! Ce lo ricorda indirettamente san Paolo, quando, scrivendo ai cristiani di Corinto, afferma che "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi." (2Cor 4,7). Possiamo applicare il principio anche a Cristo: in suo corpo di carne, un corpo come il nostro, si spezzò come un pane, sprigionando un'energia che non si è ancora esaurita, né mai si esaurirà. La sua divinità, nascosta fin dalla nascita, si manifestò al momento della morte, e coloro che assistevano, intuirono che "Davvero, costui era Figlio di Dio!" (Mt 27,54; Mc 15,39). "Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto" (Lc 23,48), in segno di pentimento.
Dentro la croce è custodito un segreto! La notte di Pasqua la croce si spalancherà e il segreto sarà finalmente svelato: tutti lo potranno conoscere e tutti ne potranno gioire!
La storia della salvezza raccontata nella Bibbia è disseminata di segreti che si rivelano all'improvviso, veri e propri colpi di scena, che capovolgono le sorti del popolo di Dio, riavviando un cammino che sembrava ormai segnato dalla morte.
Per esempio, la vicenda raccontata oggi nella prima lettura, tratta dal Secondo Libro delle Cronache: chi avrebbe mai pensato che la salvezza degli israeliti, infedeli, corrotti, dal cuore indurito..., deportati a Babilonia - e giustamente...se l'erano voluta, a motivo dei loro peccati! - (chi l'avrebbe detto che la salvezza) sarebbe venuta niente meno che da Ciro, re dei Persiani, re pagano di un popolo pagano, che non conosceva le Scritture?
Proprio come il famoso centurione romano che aveva assistito alla morte del Signore e aveva proclamato la sua fede nella divinità di lui: un altro colpo di scena; le testimonianze di fede più clamorose vengono da chi non conosceva né le profezie, né la Legge di Mosé...
Lo stesso dicasi per i Magi, venuti dall'oriente per adorare il bambino-Re dei Giudei.
Chissà perché Dio suscita liberatori e testimoni esemplari tra coloro che non penseresti mai: samaritani maledetti da Gerusalemme, ma buoni, che danno punti, e parecchi, a sacerdoti e leviti (cfr. Lc 10); generali nemici di Israele, per di più malati di lebbra (cfr. 2Re 4) che vengono guariti; vedove pagane risparmiate dalla carestia (cfr. 1Re 17; Lc 4),...
Gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Immaginate che, tutto a un tratto, nella nostra chiesa gremita di folla della domenica, entrasse uno straniero, diverso per nazionalità, cultura e religione, e cominciasse a proclamare la fede in Cristo risorto, e la testimoniasse in un modo e con parole che nessuno di noi ha mai visto, né sentito...
Quale sarebbe la nostra reazione? Sorpresa? gelosia? rabbia? Del resto, non siamo diversi dai contemporanei di Gesù: quando il Signore entrò nella sinagoga del suo paese, Nazareth, in giorno di sabato e citò le pagine della Scrittura che parlavano proprio del generale lebbroso Naaman straniero di Damasco e della vedova di Zarepta di Sidone, pure questa straniera, come esempi di fede, i suoi compaesani, che lo conoscevano come il figlio del falegname, "furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò." (Lc 4,28-30).
Ed eccoci a Nicodemo: Nicodemo è un uomo colto, con, alle spalle, una lunga esperienza di ricerca religiosa e morale. Ma tutto questo - ecco il senso del dialogo - non fa' che sottolineare la sua impotenza: "Ciò che è generato dalla carne è carne", lo rimbrotta Gesù con una vena di sarcasmo.
Nicodemo non sa e non vuole capire; Nicodemo non coglie la rivelazione della Verità, per il semplice motivo che lui, la sua verità ce l'aveva già; che bisogno c'era di ascoltarne un'altra? L'opposizione Gesù-Nicodemo esprime quella più ampia e radicale tra Gesù e Gerusalemme.
Colmo dell'ironia: Gerusalemme è la città santa per le tre religioni monoteiste; eppure, proprio i custodi della fede, rifiutano di aderire alla vera fede...
Niente da stupirsi: Gerusalemme è anche la città della pace - così almeno suggerirebbe il nome - eppure, di pace, a Gerusalemme, neppure l'ombra, mai!!
Tornando al dialogo notturno tra il Signore e il rappresentante del sinedrio, non basta dichiarare (come dichiara Nicodemo): "Sappiamo che sei un maestro venuto da Dio!"; di questa conclusione Gesù non si accontenta! In verità Nicodemo non è in grado di vedere, al di là dei segni, qualcosa che va ben oltre la sua dichiarazione di principio, qualcosa che esige di abbandonare le vecchie convinzioni su Dio! Non basta credere in Dio e nel suo Messia: quale Dio? e quale Messia?
Non illudiamoci che Dio riconosca i nostri meriti, e che si possa vantare diritti di prelazione, rispetto a coloro che non appartengono alla nostra chiesa!
Gesù usa la simbologia della rinascita per affermare che nessuno è al sicuro dal pericolo di perdersi; nessuno può credersi esente dal dovere di convertirsi profondamente.
Noi non conosciamo il dramma della nascita: la prima ce la siamo dimenticata pochi secondi dopo averla vissuta. La seconda non sappiamo che cosa sia, perché siamo ancora qui vivi e vegeti...
Se, quanto alla memoria della nostra nascita al mondo, non c'è possibilità di avere un riscontro, certamente avvertiremo tutto il peso e tutto il travaglio della seconda, che ci consentirà finalmente di varcare la soglia dell'eternità.
Lo Spirito Santo ci doni di avere fede almeno nell'istante del trapasso, affinché, vedendoci morire, anche di noi i testimoni possano dichiarare: "Veramente costui era un figlio di Dio!".