Omelia (22-03-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Siamo ormai al culmine della quaresima: domenica prossima celebreremo l'ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme e la sua Passione. Il tempo si è fatto breve e il Signore intuisce che la sua fine è vicina. Nelle sue parole si avverte una vena di tristezza: parole - commenta Giovanni - usate per indicare con quale fine (Gesù) avrebbe reso gloria a Dio e sarebbe stato da Dio glorificato. L'attenzione è rivolta a Lui, a Gesù: la sua breve esistenza è stata tutta una preparazione a questo momento. Soprattutto nel Vangelo di Giovanni, la passione del Signore non è una fine a sorpresa, un colpo da maestro dei capi del popolo, deciso all'ultimo momento, come un fulmine a ciel sereno, del quale il Signore è vittima: "Nessuno mi toglie la vita - dichiara il Signore - ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo." (Gv 10,18). La croce è la verità che dà alla persona del Verbo dignità perfetta. Gesù è il Cristo crocifisso, venuto nel mondo per essere innalzato e attirare così tutti a sé. Così scrive san Paolo ai cristiani di Corinto: "Quando venni tra voi, non mi sono presentato ad annunciare la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e questi crocifisso." (1Cor 2,2). Ritorna per la terza domenica la simbologia del serpente issato da Mosè nel deserto: il simbolo del male, il tentatore, colui che procura la morte con il suo veleno, diventa paradossalmente segno di guarigione, di redenzione, di vita. Allo stesso modo, la morte di Cristo riscatta l'umanità dalla morte eterna. La morte dà la morte alla morte, come scrive il profeta Osea (cfr. Os 13,14). L'affermazione del Signore: "Ora è il giudizio di questo mondo" deve essere interpretata nei due sensi: ora il mondo giudica il Figlio dell'Uomo, rifiutandolo come Messia e condannandolo. Ma anche: ora il mondo è sottoposto a giudizio: il principe del mondo, il diavolo, è gettato fuori, è vinto. Affiora la questione manichea della lotta tra mondo e cielo, tra male e bene, tra tenebra e luce... che si agitava negli anni in cui scriveva san Giovanni; si intuisce già nel Prologo (cap.1): "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno sopraffatta." (1,4). La presente traduzione ufficiale capovolge in un certo senso quella precedente, la quale dichiarava che la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. Non possiamo tuttavia riflettere sulla persona di Gesù, così come emerge dal Vangelo e dalla Lettera agli Ebrei, senza dire qualcosa sulla profezia di Geremia, una delle più conosciute di tutta la Bibbia: anche Ezechiele scrive parole simili: "Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne" (36,26-27). La dicotomia ‘cuore di pietra - cuore di carne', ‘legge esteriore - legge interiore', richiama l'osservanza della fede, quella vera, che si oppone ad un'osservanza falsa e ipocrita, osservanza esterna, formale, senza convinzione, né adesione del cuore. Se la legge non è colta nel suo senso profondo, se non convince davvero, la si può tutt'al più osservare quando...c'abbiamo un fucile puntato alla schiena. Ma, non appena ci sentiamo al sicuro dallo sguardo indiscreto dell'autorità, - che poi, tra computer, GPS, telecamere,... nessuno può dirsi al sicuro dal grande fratello - ecco che diventiamo un po' tutti fuorilegge. Passiamo col rosso, accettiamo o forniamo prestazioni professionali senza chiedere o presentare la ricevuta, non disdegniamo le corsie preferenziali e le raccomandazioni, etc. etc. L'elenco delle nostre piccole-grandi infrazioni quotidiane alla legge, è purtroppo lunghissimo. La profezia di Geremia si chiude con l'annuncio di un colpo di scena di Dio - questo sì che è un vero colpo di scena! altro che quello dei Giudei contro Gesù!! -: "Oracolo del Signore: io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato": il nostro Dio capovolge le parti! - Non siamo noi a doverci avvicinare a Lui, ma è Lui che scende fino a noi! - La salvezza non è il frutto dei nostri meriti personali, ma è un dono gratuito che Dio fa a tutti! - Non siamo noi a dover dare qualcosa a Dio, ma è Lui a dare suo figlio a noi e per noi! - Non siamo noi a dover conquistare l'Amore, ma è Lui a ‘spirare' il Suo Amore nei nostri cuori! Ma dobbiamo arrenderci! - Arrenderci all'idea che sia Dio a operare la salvezza in noi e fuori di noi! - Arrenderci al suo amore disinteressato e senza condizioni! Arrendersi non significa solo cambiare idea su Dio. Arrendersi vuol dire soprattutto cambiare idea su noi stessi! Abbandoniamo per sempre quella maledetta convinzione che se righiamo diritto, Dio ci premierà. Non ha senso! non secondo il Vangelo!! questo senso del dovere spinto all'estremo è spesso accompagnato dal risentimento nei confronti di chi, invece, non riga diritto come noi, e, per di più vive più contento, meno affaticato, meno teso...e non c'ha la gastrite! Dal risentimento si passa facilmente all'invidia; dall'invidia alla gelosia, dalla gelosia all'orgoglio di essere quello che siamo; tanto vale gioire dei propri difetti; con un po' di buona volontà, riusciamo a scoprirvi una lato virtuoso. E così, da un eccesso - vedere gli altri migliori di noi - passiamo all'eccesso opposto - vedere noi migliori degli altri -: noi, con i nostri sacrosanti principi; noi, con i nostri doveri; noi, con la nostra fede; noi, col nostro senso religioso (un po' bigotto)... I maestri di spirito ricordano che l'orgoglio è il vizio di chi non ha vizi...e se ne compiace. Brutta bestia l'orgoglio!! l'orgoglio può portare il cristiano a fare addirittura a meno di Gesù Cristo! Quale paradosso! Beh, come dice un vecchio slogan: "Se lo conosci, lo eviti! Se lo conosci, non ti uccide!". Ora sappiamo quali sono i rischi di una fede perfezionista, di una fede sbagliata. Il Signore ispiri in noi un profondo pentimento dai peccati di presunzione. La salvezza è certa, per tutti; ma non è mai scontata! E su questo breve pensiero vi lascio meditare... Domenica ci ritroveremo, tutti ma proprio tutti, con gli ulivi, segno di riconciliazione e di pace. |