Omelia (18-02-2015)
padre Gian Franco Scarpitta
Umiltà, pentimento e conversione

Inizia un nuovo percorso liturgico che riflette un itinerario che dovrebbe caratterizzare tutta la nostra vita: quello dell'umiltà e della conversione.
Il rito delle Ceneri sin dall'Antico Testamento è allusivo all'aspetto della fragilità e della precarietà dell'uomo, il quale davanti a Dio è effettivamente "polvere" e cenere: Abramo mentre intercede presso Dio a favore della città Sodoma afferma: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere."(Gen 18, 27), come pure Giobbe nella sua agonia e il re di Ninive, come atto di pentimento verso Dio per la minaccia dell'imminente catastrofe della sua città, veste di sacco e siede sopra le ceneri (Gn 3, 5 - 9). Vestire di sacco e cospargersi il capo di cenere è prassi comune nella Bibbia, che esprime pentimento e volontà di riconquistare la riconciliazione con Dio. In questa simbologia vi è il riconoscimento della debolezza personale del singolo uomo e allo stesso tempo il segno esteriore del pentimento, la volontà di emendarsi e di cambiare vita per essere graditi al Signore.
E difatti che cos'è l'uomo se non polvere e cenere? Quale sarà il nostro destino biologico se non quello di confonderci con la terra? Tutti siamo polvere ma proprio questo Dio ci invita al riconoscimento della nostra insignificanza e della nostra vacuità, per realizzare con decisione e radicalità l'opzione di Dio nella nostra vita.
L'imposizione delle Ceneri sul capo ci ragguagliano che l'umiltà è il punto di partenza: riconoscere il nostro stato di peccatori, ammettere il rovinio che esso comporta nella nostra vita e riconoscere il nostro niente di fronte a Colui che è il Tutto, ci sprona a corrispondere al disegno di salvezza che ha Dio soltanto come primo protagonista, attraverso un costante pellegrinaggio le cui tappe procedono dal pentimento franco e spontaneo alla conversione radicale e all'acquisto della comunione con Colui che per primo prende l'iniziativa nei nostri riguardi.
E' infatti il Signore stesso il primo artefice della riconciliazione che è motivata semplicemente dall'amore nei nostri confronti e la penitenza si caratterizza quale impegno quotidiano da parte nostra di persistere sulla via del ritorno a lui. umiltà, pentimento e conversione sono quindi le tappe principali dell'incontro fra Dio e l'uomo e se per Dio costituiscono una prerogativa d'amore gratuita e spontanea, per noi non possono che identificarsi come necessità di impegno e di diligenza nel crescendo della vita spirituale concepita nella sua globalità. La penitenza è la straordinaria opportunità di crescita nel Signoe favorita dall'amore di Dio che richiede costanza e persistenza nella lotta contro il male, che alberga innanzitutto in ciascuno di noi stessi e che impone una seria autocritica mettendoci in rapporto con Dio e con i moniti evangelici. Essa comporta quindi il coraggio di emendarci innanzitutto quanto al nostro egoismo, alla presunzione e al falso orgoglio che sono spesso alla radice di ogni atto peccaminoso non meno del vizio, del potere facile a tutti i costi e del guadagno facile e immediato. Parlare di rinuncia al peccato a volte può essere pura teoria quando nelle nostre abitudini alberga una determinata affezione al peccato che affiora nelle situazioni semplici della nostra vita. A volte può risultare fin troppo semplice imporre a noi stessi di non peccare su questo o quel comandamento quando anche nelle piccole cose la nostra mentalità si conforma a quella del mondo verso il quale dovremmo prendere le distanze. L'umiltà ci ragguaglia invece del fatto che la ricerca di Dio è necessaria quanto necessaria e radicale dev'essere la nostra tenacia di fede.