Commento su Lc 3,15-16.21-22
Il fatto che siamo tutti stati battezzati da neonati ha un valore enorme e da valorizzare. Ma, ahimè, l'esperienza fisica sensibile è rimasta sepolta nel passato e, tutto sommato, il fatto di essere o meno battezzati non ci cambia di molto la vita...
Dopo il Battesimo Gesù prega (!) e, nella preghiera fa esperienza di essere abitato dallo Spirito Santo e tutti sentono la voce del Padre: "Tu sei il mio figlio bene-amato, in te mi sono compiaciuto". Tutti noi veniamo educati a meritarci di essere amati, a compiere delle cose che ci rendono meritevoli dell'affetto altrui; sin da piccoli siamo educati ad essere buoni alunni, buoni figli, buoni fidanzati, buoni sposi, buoni genitori, buoni amici, o bravo parroco... il mondo premia le persone che riescono, che sono capaci... e s'insinua l'idea che Dio ci ama, certo, ma a certe condizioni. Dio, invece, mi dice che io sono amato bene, dall'inizio, prima di agire: Dio non mi ama perché sono buono ma - amandomi - mi rende buono. Dio si compiace di me perché vede il capolavoro che sono, l'opera d'arte che posso diventare, la dignità di cui egli mi ha rivestito. Allora, ma solo allora, potrò guardare al percorso da fare per diventare opera d'arte, alle fatiche che mi frenano, alle fragilità che devo superare. Il cristianesimo è tutto qui, Dio mi ama per ciò che sono, Dio mi svela in profondità ciò che sono: bene-amato. È difficile amare "bene", l'amore è grandioso e ambiguo, può costruire e distruggere, non si tratta di adorare qualcuno, ma di amarlo "bene", renderlo autonomo, adulto, vero, consapevole. Così Dio fa con me.
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