Omelia (27-01-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Lc 1,1-4; 4,14-21

Luca ha a cuore la sua serietà di storico, ci tiene a confermare la fede in cui è rimasto coinvolto: non sono favole quelle in cui ha creduto, né pie elucubrazioni. Ha dato del tempo, Luca, a questa ricerca e ci tiene a precisarlo.


Viviamo brutti tempi: il vangelo è e resta uno splendido esempio di libro religioso, Gesù è una figura ammirevole, ma tutto si confonde: morale, favola, dottrina... Luca scuoterebbe la testa, invitandoci a prendere più sul serio la nostra fede, a dedicare del tempo alla nostra preparazione, a renderci conto che la fede va nutrita, informata, capita, indagata. E invece no: le quattro nozioni imparate di malavoglia al catechismo sono, spesso, l'unico approccio al cristianesimo che abbiamo conosciuto. Siamo seri: il problema è la nostra pigrizia, la nostra superficialità, (se vuoi) il problema è la dimenticanza: non ci importa della nostra interiorità, non investiamo perché in fondo non ci crediamo. Smettiamola di giocare a fare gli atei, non nascondiamo la nostra mediocrità dietro una pretesa culturale poco seria e documentata, portiamo rispetto per coloro che, davvero, hanno cercato e studiato e indagato. Mondo impigrito, il nostro, che demanda a pochi l'analisi e la ricerca intorno alla nostra felicità per poi farci ripetere a memoria un riassunto delle conclusioni masticate dai tuttologi di turno! Vuoi veramente cercare la fede? Indaga. Cerchi davvero Dio? Informati. Vuoi davvero dare senso alla tua vita? Fidati. Sì perché - ci ricorda Luca - la fede nasce dalla testimonianza di chi ha visto e creduto.