Omelia (02-11-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Gv 6,37-40

Solo nella luminosa presenza dei santi possiamo riflettere serenamente sul destino dei nostri cari defunti e sul nostro proprio destino di fronte alla morte. Solo grazie alla speranza che ci deriva dal vangelo osiamo credere.


Siamo immortali dal giorno del nostro concepimento. In noi abita la presenza stessa di Dio, brandello della sua essenza, eccedenza che riempie il nostro cuore e che scatena il noi il desiderio di assoluto che così faticosamente riconosciamo e assecondiamo. Tutta la nostra vita diventa la scoperta del senso della stessa vita, l'accoglienza del vangelo e dello straordinario volto di Dio raccontato da Gesù. La nostra esistenza è una caccia al tesoro e quando scopriamo lo splendore del Padre scopriamo la nostra anima e ne assecondiamo i sussulti. Quando sorella morte bussa alla nostra porta la nostra anima raggiunge Dio per essere accolta, se pronta, o per un periodo di preparazione. Dio accetta anche che rifiutiamo risolutamente la sua salvezza e, nella nostra libertà, dolorosamente accetta anche la nostra scelta distruttrice. La preghiera di intercessione che facciamo per i nostri defunti fa loro sentire vicino il nostro affetto e li incoraggia sulla via della purificazione. Alla pienezza dei tempi le nostre anime torneranno a ricongiungersi ai nostri corpi trasfigurati. Con questa speranza, oggi, visitiamo i cimiteri (cioè i dormitori) dove i corpi dei defunti attendono la resurrezione finale e preghiamo per le loro anime.