Omelia (22-02-2015) |
don Giovanni Berti |
Deserto: crash-test per la fede Clicca qui per la vignetta della settimana. Stavolta il taglio operato dai redattori del libro delle letture della domenica rischia di non farci comprendere il significato del racconto che l'evangelista Marco ha pensato tutto unito e consequenziale. Facciamo qualche passo indietro del testo... "Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento»." (Marco 1,11) E al posto della frase generica messa all'inizio ("in quel tempo") bisogna lasciare quello che Marco ha scritto "Subito dopo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto...." L'evangelista Marco, a differenza dei suoi due colleghi Luca e Matteo, dedica pochissime righe nel raccontare quello che Gesù ha passato nel deserto all'inizio della sua vita adulta da Maestro, ma vuole sottolineare lo strettissimo legame tra il Battesimo nel Giordano e questa esperienza. Possiamo dire che nei versetti 11 e 12 del primo capitolo del Vangelo, abbiamo la sintesi dell'esperienza di Gesù e la sua identità, che verrà poi spiegata e approfondita in tutto il resto del racconto. Gesù chi è? E' l'amato da Dio suo Padre... Questa è la rivelazione fatta in modo solenne proprio nel momento in cui Gesù si manifesta insieme ai peccatori nel fiume Giordano con Giovanni il Battista. Lo Spirito Santo, cioè l'amore totale di Dio, scende su quest'uomo della Galilea, e lo avvolge totalmente con una investitura che non verrà mai meno, anche nei momenti più bui della sua missione. Lo stesso Spirito di Dio lo spinge ancor più radicalmente dentro l'esperienza umana: il deserto Il deserto ricorda l'esperienza di liberazione del popolo di Israele, che nel deserto ha imparato a conoscere la libertà e ad essere popolo di Dio, in mezzo alle tante prove e alla continua tentazione di tornane alla schiavitù d'Egitto. Gesù nel deserto manifesta la sua totale adesione e solidarietà con l'umanità, che vive le aridità e le prove del deserto ogni giorno, in ogni luogo della terra e in ogni tempo. Marco non ci descrive in modo dettagliato quali sono le tentazioni che deve affrontare Gesù in quei quaranta giorni. Possiamo quindi benissimo metterci le nostre prove di vita, le nostre tentazioni e fatiche, e le fatiche di vivere di ogni essere umano: sono anche quelle di Gesù. E Gesù sceglie liberamente di affrontarle tutte con noi e per noi. Gesù in tutta la sua esperienza umana fino alla morte in croce affronterà molte prove e la continua tentazione di lasciar perdere, di scegliere la via facile del potere e della ricchezza e di pensare solo a se stesso. I quaranta giorni nel deserto mettono a dura prova la sua fede nell'essere l'amato da Dio, che ha sentito con le orecchie e soprattutto con il cuore il giorno del Battesimo nel fiume Giordano. Con un linguaggio poco biblico, possiamo davvero dire che il deserto è per Gesù come il crash-test che viene fatto ai nuovi modelli di automobili, per vedere come affrontano le varie situazioni limite della guida: è il suo "crash-test" della fede, dell'abbandono in Dio. E come le case automobilistiche fanno per noi i vari crash-test ai modelli di auto prima di vendercele, così Gesù ha sperimentato le prove per noi, per darci questo annuncio, cioè che siamo vincitori sul male, su tutto ciò che potrebbe allontanarci da Dio e dalla vera vita. Gesù ci mostra che "l'anti-Dio" non ha l'ultima parola e che il nostro deserto alla fine non cancella l'amore di Dio che è stampato nel nostro essere più profondo. Questi quaranta giorni di deserto simbolico che sono la quaresima, sono una buona occasione per sentire Gesù non solo alla fine di un percorso fatto di pratiche religiose, rinunce e digiuni, ma per sperimentare che Gesù è già con noi nel deserto della nostra vita e accanto a noi affronta le nostre prove e tentazioni. Clicca qui per lasciare un commento |