Omelia (01-03-2015) |
mons. Roberto Brunelli |
Una prospettiva in un mondo feroce Gli atti barbari della guerra in corso poco lontano dal nostro Paese, atti di una ferocia quale mai si era vista, spudoratamente ostentati e ancor più spudoratamente compiuti in nome di una fede religiosa, hanno indignato il mondo. Non pare che il mondo faccia molto, per evitare che si ripetano; quanto meno, tuttavia, quegli atti sollecitano i cristiani a guardarli in una prospettiva illuminata dalla Parola di Dio, ad esempio dalle letture della Messa di oggi. Misterioso e insieme affascinante: così si presenta il fatto narrato nella pagina evangelica (Marco 9,2-10): "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime... E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù... Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: 'Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!'" La liturgia celebra questo avvenimento con una festa propria, il 6 agosto: lo si ricorda anche oggi perché questa, come le altre letture della quaresima, suggerisce un percorso di preparazione alla Pasqua. Quale sia il suggerimento, lo si percepisce meglio se si considerano anche le due letture che precedono quella della trasfigurazione. La prima (Genesi 22,1-18) riferisce l'episodio della prova suprema cui fu sottoposta la fede di Abramo, capostipite degli ebrei ma anche, sul piano spirituale, di tutti gli altri credenti nell'unico vero Dio, cristiani compresi. A lui Dio ordinò di offrirgli in sacrificio il suo unico figlio: richiesta in sé terribile, aggravata dal fatto che Abramo, ormai vecchio, non poteva sperare di averne altri e dunque non capiva come Dio potesse mantenere la promessa di trarre da lui una numerosa discendenza. Malgrado ciò egli obbedì al comando divino, e già stava per immolare il piccolo Isacco quando Dio lo fermò: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito". L'episodio rimanda spontaneamente al Crocifisso: Dio ha risparmiato il figlio di Abramo, mentre il proprio Figlio, anch'egli unigenito, non l'ha risparmiato! L'ha fatto per amor nostro, come ricorda la seconda lettura (Romani 8,31-34), che dal fatto trae una confortante conseguenza: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?... Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi". Il richiamo alla risurrezione e alla gloria di Gesù sfocia nel vangelo di oggi. Per un momento egli mostra ai tre discepoli quel che di lui normalmente restava celato: la divinità, lo splendore della gloria e la sintonia col Padre suo. Con questa visione prepara i discepoli alla sua Pasqua, e glielo dice: "Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti". Il significato della croce sarebbe incomprensibile, anzi inaccettabile, se non si associasse all'altra faccia del mistero, la risurrezione. Di qui la scelta delle letture di oggi: nel cammino verso la Pasqua si incontrerà prima la passione e la morte di Gesù, da recepire però nella prospettiva dell'evento successivo, appunto la sua risurrezione. Per il cristiano non può esserci un percorso diverso; anch'egli, come Gesù, si trova nella vita ad affrontare momenti di tribolazione e sofferenza, nei quali però non deve disperare, perché anche a lui è offerta la prospettiva della vita eterna. Un altro insegnamento è poi da sottolineare nell'episodio della trasfigurazione, quello insito nell'imperioso invito divino ("Questi è il Figlio mio: ascoltatelo!"). Se tutti lo accogliessero, fatti come quelli ricordati all'inizio non accadrebbero; anzi, tutto il mondo sarebbe migliore. |