Commento su Gen 22,1-2.9.10-13.15-18; Rm 8,31-34; Mc 9,2-10
Nel percorso quaresimale, la seconda domenica interroga ciascuno di noi sul tema della fede: quanto è grande la nostra fede in Dio? Ci fidiamo di Lui? Quando e in che modo?
Nella prima lettura entra nella storia un Dio nuovo, che si rivolge all'uomo in modo differente rispetto al passato e lo fa crescere: non più sacrifici di scambio, una parte del cibo per avere ancora del cibo o una vita cara per avere ancora vita. Dio cerca la relazione con l'uomo, la sua fiducia totale, ma vuole essere certo che l'uomo sia convinto e per questo chiede ad Abramo il coraggio di arrivare fino al sacrificio del figlio. Poi offre una prospettiva nuova: un'alleanza e la promessa di essere una difesa per Abramo e per il popolo che da lui discenderà.
Gli incontri con Dio nelle letture avvengono sulla montagna, luogo che porta con sé il significato di cammino, pazienza, fatica e determinazione. Gesù sale con i suoi tre discepoli e si trasfigura, cioè rivela loro la sua gloria: sta per essere stretta tra Dio e l'umanità una nuova alleanza, che parte da quella antica e la estende. Mosè ed Elia sono i rappresentanti dell'antica alleanza, questo i discepoli lo sanno bene, e idealmente Gesù si inserisce in essa, ma la sua missione è andare oltre. Infatti una nube, segno della presenza di Dio, avvolge tutti i partecipanti e la voce di Dio indica che Gesù è suo figlio -come al battesimo al Giordano- aggiungendo l'invito ad ascoltare lui, nuovo verbo per una nuova storia che supera quella precedente. I discepoli fanno un'esperienza mistica incredibile, infatti vedono, sono coinvolti emotivamente, ma anche spaventati perché non comprendono -o forse non accettano- quindi non sono pronti a lasciarsi coinvolgere pienamente nel progetto di Dio. Vorrebbero fissare quel momento per un tempo più lungo, con Mosè, Elia e Gesù nelle capanne, ma tutto finisce e a loro rimane solo Gesù, la parte nuova dell'alleanza che sta nascendo tra Dio e l'umanità, ancora da scoprire.
Forse è questo il senso vero della fede che ci viene donato in questa quaresima: lasciarsi sorprendere e spiazzare da Dio, come Abramo e come i discepoli, fidandosi che lui sia dalla nostra parte, che nulla abbiamo da temere e che saremo colmati dei suoi doni. Il modo in cui abbandonarsi alla fede e lasciare le nostre poche e povere certezze, come dice Paolo, ce lo insegna Gesù che intercede per noi e ci conduce alla salvezza.
Per la riflessione personale e di coppia:
Nelle nostra vita di cristiani siamo abituati a confrontare il nostro rapporto con Dio con le relazioni umane. Che cosa sia la fiducia nell'altro ben lo conoscono gli sposi, sia quelli che vivono ogni giorno il loro sì, il loro affidarsi all'altro -o almeno provano a farlo-, sia quelli che hanno sperimentato la profonda delusione del tradimento della fiducia, dei limiti dell'altro.
- Che cosa significa per me fidarmi di Dio? Quanto sono disposto a lasciarmi sorprendere da Lui?
- Quando ho potuto sperimentare, nel grande o nel piccolo, che affidarsi a Lui permette di superare ogni ostacolo, soprattutto quelli che sono in me?
- Come sposi cristiani, quando sentiamo la nostra fiducia tradita o messa in difficoltà?
CPM Torino