Omelia (01-03-2015)
don Marco Pozza
Scusa la modestia: sono troppo bello per te

Con Mosè era stato chiaro. Eppure se c'era uno che meritava quella grazia era proprio lui. Perché svegliarsi una mattina per portare a spasso il gregge e scoprirsi nel mirino di Dio, non è mai cosa dalle dolci faccende; nemmeno sapersi fragili di lingua e vedersi al cospetto del faraone a convincerlo che Israele deve partire. Men che meno, appena al di là del Mare, sentirsi costretti per quarant'anni a manovrare un popolo che sognava le vecchie pentole di cipolle d'Egitto e cercare di metterlo nelle frequenze di un Dio che parlava di una terra dove, al posto di pentole e cipolle, ci stava il latte e il miele che scorreva a fiumi. E lui, uno dei migliori pastori di greggi, sempre ficcato là: a metà strada tra un Dio tutto santo e un popolo dagli ormoni agitati. Sapendo poi dove lo saluteremo - ad un passo dalla Terra Promessa: la vedrà (se la gusterà con lo sguardo) ma non ci entrerà -, quella richiesta sapeva di fanciullità, di onesta voglia di vederlo questo Amore che gli aveva scompigliato i suoi viaggi di pastore: «Mostrami la tua gloria!» (Es 33,18). Ti prego, mostrami che faccia hai: ti voglio vedere, Dio dei miei padri. E Lui, il Dio inafferrabile, ancora una volta a non concedersi. «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Viva la modestia del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: "Sono troppo bello, Mosè. Scusa, ma se mi vieni, svieni". Unica concessione, anche Dio s'intenerì per quel dolce richiamo del cuore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere». (Es 33,18-23) Il volto no, Mosè: è questione di sicurezza. Le spalle sì, lo meriti. Siediti lì, io passo e ti copro il viso: poi guardami. Sono il tuo Dio. "Dio brutto e cattivo: non si tratta così Mosè, povero Cristo di pastore".
Soprattutto se quello che non fu concesso a quell'uomo martoriato, lo si concederà un giorno ad un pescatore. Perché così Dio volle: ai pastori le spalle, ai pescatori il volto. Parola di Marco, uno dei quattro che hanno scritto: «Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime». Mica i più santi: li ha scelti di cuore e di petto, tre a nome di tutti. Anche a nome di Mosè. Li ha menati su per il monte e ha fatto loro una confidenza: sé fatto d'una bellezza inconsueta, si è trasforma tutto in un'armonia, sorride come mai prima. Tre uomini, non dodici, devono ricevere quell'anticipazione del Regno, devono sapere come Lui è davvero. Perché non è uguale come tutti gli altri giorni. Per un istante vuole deporre la sua camuffatura d'uomo, collaudare se - gettata la maschera e vestitosi di sole e di neve - la loro amicizia resiste o si traduce in paura. Resiste? Così e così: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Grande Marco, chissà Pietro se sarà stato contento di quell'annotazione. Però c'è, e rimane: «Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati». Spaventati per troppa bellezza: glielo aveva detto a Mosè, anche quella volta sulla cima di un Monte. Non fu vigliaccheria d'amante, fu delicatezza d'Amore: non voglio spaventi, voglio sguardi. Sul monte sta anche lui, il vecchio Lucifero, lì appena dietro Pietro: "Bloccalo, bloccati qui, bloccatevi". Il Demonio lo sa che l'uomo è fatto per gli incanti: fermarsi dove è felice, dimenticare giù nel caos della valle le tribolazioni e il destino degli altri che non sono stati prescelti, nascondersi in quella miseria dove il cielo sembra carezza la terra.

    La Trasfigurazione è un avvenimento di preghiera; diventa visibile ciò che accade nel dialogo di Gesù con il Padre: l'intima compenetrazione del suo essere con Dio, una compenetrazione che diventa pure luce (...) Ciò che egli è nel suo intimo e ciò che Pietro aveva cercato di dire nella sua confessione, si rende percepibile in questo momento anche ai sensi: l'essere di Gesù nella luce di Dio, il suo proprio essere luce come Figlio. (J. Ratzinger, Gesù di Nazareth)

Tutti a casa, invece: tutti giù nella valle. A raccontare, a incoraggiare, a confortare. A spandere giù per il crinale quella storia che sa di buono. Nessuno qui, a due passi da me: tutti giù, seriamente impastati di storia, di fango e di polvere. Tutti giù dagli altri, e in fretta pure. Quella confidenza non fu privilegio di pochi, fu una consolazione per tutti. Dio non mente, è bellissimo: «Nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche». Povero, vecchio diavolo.