Omelia (01-03-2015)
Omelie.org (bambini)


In questa seconda domenica di Quaresima siamo invitati a partecipare alla straordinaria esperienza che vivono Pietro, Giacomo e Giovanni: la Trasfigurazione.
L'evangelista Marco, probabilmente ha raccolto la narrazione di quanto è avvenuto, proprio dalle parole di Pietro ed infatti il suo Vangelo è pieno di dettagli rispetto a ciò che accade in cima ad un monte alto, di cui non ci riporta il nome.
L'inizio del brano mi sembra già molto significativo: "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli."
Mi riesce facile immaginare l'orgoglio con cui i tre discepoli si sono avviati con il Rabbi verso il monte. Tra tutti i Dodici, ha scelto loro tre. Vuole salire sul monte, andare in disparte da tutti, ma si fa accompagnare proprio da loro.
Non vi sembra di sentire i commenti tra gli Apostoli? "Ma dov'è che stanno andando? A far cosa? Chissà perché avrà scelto proprio loro?"
E mentre si moltiplicano le domande e le curiosità, sussurrate a mezza voce, Pietro, Giacomo e Giovanni seguono il Maestro con l'espressione soddisfatta e quasi trionfante: per questa volta, potranno tenersi Gesù solo per loro, potranno fare qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa di speciale!
Salgono insieme e, come abbiamo letto, raggiungono un luogo appartato.
Anche questo è un particolare da sottolineare: gli Apostoli non sanno bene che cosa sta per succedere, ma Gesù sa che stanno per sperimentare qualcosa di grande, un faccia a faccia con Dio!
Per questo è necessaria la calma, l'intimità. Dio non si manifesta se non al cuore, quindi c'è bisogno di silenzio e di tranquillità. Si spostano in alto, dove nessuno li disturberà, dove non arrivano più le voci degli amici e i richiami della folla che ormai da tempo segue il giovane Rabbi.
Silenzio, solitudine, calma: questo è il clima che il Maestro e Signore vuole perché il trio, possa sperimentare l'incontro con Dio in modo autentico e profondo.
Ed eccoli arrivati in cima: "Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche."
Cosa vuol dire che "si trasfigurò"? Non è un'esperienza che facciamo abitualmente. Potremmo dire che si trasforma, che cambia il suo aspetto. Non così tanto da non riconoscerlo più, ma abbastanza da riuscire a capire che il volto del Maestro che vedono tutti i giorni, non è tutto, non è il suo volto completo.
Nella Trasfigurazione si manifesta la sua identità di Dio, che ancora non hanno imparato a guardare.
Per noi, oggi, è quasi naturale, considerare Gesù come Figlio di Dio, ma per i suoi contemporanei questo non era normale proprio per nulla. Anche gli Apostoli comprendevano fino a un certo punto: riuscivano a riconoscerlo come inviato dal Padre, magari come il Cristo, il Messia atteso da secoli, ma non avevano capito che era proprio il Figlio di Dio.
Lì, sul monte, Gesù mostra il suo volto completo: il suo viso di uomo e la sua identità di Dio.
Pietro e gli altri quasi non sono in grado di trovare le parole per raccontarlo, per spiegarlo a chi non c'era. Si concentrano su un particolare che potrebbe anche sembrarci secondario: le vesti di Gesù. Abbiamo letto: "Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche."
Cosa indica tutto questo bianco, talmente candido da emanare luce?
Questa luce rivela che quel Rabbi che stanno seguendo ormai da tre anni, non solo è un Maestro sapiente, ma è anche il Signore Dio.
Questa nuova consapevolezza, questa straordinaria verità, è così sconvolgente da abbagliare, la mente e il cuore.
Mentre sono ancora frastornati da una rivelazione tanto sconcertante, ecco che accade un'altra cosa incredibile: "E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù."
C'è tutto il riassunto delle Scritture in queste due figure: Mosè, che ha ricevuto la Legge; ed Elia, il grande profeta salito al cielo su un carro di fuoco. E Gesù è lì, che conversa con loro.
Non sappiamo cosa si dicono: forse parlano della Passione, ormai vicina. Forse parlano della Resurrezione che lo attende dopo la terribile esperienza della morte in croce.
Non sappiamo neppure se i tre discepoli saliti sul monte riescono a capire di cosa stiano parlando o se siano semplicemente assorbiti da quelle presenze e da quella luce abbagliante.
In fondo, per essere sinceri, anche se non sappiamo cosa viene detto in questa conversazione, non è poi così importante. Ciò che conta è questa bella familiarità tra Gesù e i nostri padri nella fede. Dev'esserci tra loro un atteggiamento di tale confidenza e serenità, che Pietro trova il coraggio di lanciarsi in una proposta: "Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!"
Facciamo tre tende... in concreto, significa: restiamo qui!
Si sta così bene, lontani dalle preoccupazioni, lontani dalla quotidianità...
Restiamo qui, ad assaporare un anticipo di Paradiso, quando anche noi potremo conversare amabilmente con i patriarchi, i profeti e tutti i santi...
Non fanno in tempo a completare il desiderio che la scena cambia: una nube avvolge il monte, dalla nube luminosa giunge la voce del Padre che invita ad ascoltare il suo Figlio diletto, ultima e definitiva conferma dell'identità di Gesù.
"E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro."
L'assaggio di Paradiso è finito, ma gli Apostoli non si sentono abbandonati: c'è Gesù con loro.
Tutto il resto è scomparso: la luce, la voce, le vesti bianchissime, Mosè ed Elia... tutto finito. Ma resta l'essenziale: insieme a loro, c'è Gesù.
Credo ci sia lo stesso dono anche per noi, in questa seconda domenica di Quaresima. Per noi, che sul monte non siamo saliti, per noi che non sappiamo neppure immaginare come debba essere stata la Trasfigurazione, per noi che la voce del Padre non l'abbiamo mai udita.
Però abbiamo la stessa certezza degli Apostoli: non siamo soli. C'è Gesù con noi.
Sempre.
Questo sia il pensiero, il respiro, la canzone, che accompagni ogni nostro giorno della settimana che inizia oggi.
Commento a cura di Daniela De Simeis