Omelia (08-03-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
La presenza ineffabile di Dio Accanto a buona parte del libro del Deuteronomio, all'intero Levitico e ad alcuni capitoli del Libro dei Numeri, il libro dell'Esodo descrive la comunicazione della Legge divina, comunicata al Sinai da Dio all'uomo per mezzo della mediazione di Mosè. Quelli di cui ci parla il libro dell'Esodo in questa Lettura sono le "dieci parole", i Comandamenti, che verranno affiancati alle altre prescrizioni e alle legiferazioni riportate nei vari libri suddetti e che verranno, con queste, collocate nella "Tenda della Testimonianza" il cui nome ("Testimoniare") vuol dire "volere" ed esprimono la volontà unica di Dio per tutto il popolo. I dieci Comandamenti, dal primo all'ultimo, sanciscono la volontà del Signore per quanto concerne i rapporti degli Israeliti con Lui e fra di loro; prevedono l'onore dovuto a Dio anche nella prescrizione del Sabato, giorno consacrato al Signore, proibiscono il furto, l'adulterio, l'omicidio e la falsa testimonianza per regolare i rapporti di convivenza fra gli Istraeliti e il libro del Levitico descriverà, capitolo per capitolo, tutti i particolari di queste prescrizioni. Ma al di là della tassatività e della categoricità con cui si esprime, il libro dell'Esodo in questo capitolo attesta soprattutto alla continua vicinanza di Dio verso il suo popolo. Nella particolare esperienza della permanenza presso il monte Sinai, Dio si mostra provvido nei confronti degli Israeliti mostrando premura di orientarli, dimostrando così che di fatto "nessuna nazione ha le divinità vicine a sé come Dio è vicino a noi tutte le volte che lo invochiamo"(Dt 4, 29). E nel beneficiare della divina assistenza l'uomo soddisfa una necessità fondamentale sua propria, poiché dell'Alleanza sul Sinai ha necessità soltanto lui ed essa si sancisce per unico bisogno dell'uomo e non già perché Dio ne tragga vantaggio. Nel Sinai Dio abita "in mezzo al suo popolo", e parecchie volte lo si vede entrare in relazione con Israele in modo da sembrare che il popolo stesso sia il luogo in cui Dio dimora, anche se non mancano specifiche costruzioni umane nelle quali egli voglia farsi incontrare in modo del tutto speciale. Una di queste è la già citata "Arca della Testimonianza" sormontata dai cherubini, ma vi è anche la Dimora (tenda dell'incontro) e anche il tempio, che diventerà nella storia del popolo d'Israele il luogo per eccellenza in cui l'uomo può vivere la propria intimità con Dio e nel quale anche la folla potrà fare ingresso in occasione delle feste principali quali la Pasqua e la Pentecoste Ebraica. Il tempio di Gerusalemme è di fatto il luogo nel quale Gesù si sta recando e nel quale adesso viene consumato il famoso episodio della cacciata dei venditori. Che relazione aveva Gesù con il tempio di Gerusalemme? I vangeli ci descrivono che egli mostrasse molto zelo e attenzione per quella che considerava la "casa del Padre suo"(Gv 2, 16) nella quale si dovevano fomentare culto e preghiera, senza altri interessi affaristici. Già nell'episodio che caratterizza la sua infanzia, intrattenendosi a Gerusalemme all'insaputa dei genitori, conversando con i dottori palesa che il tempio è per lui il luogo specifico nel quale può esternare il suo interesse per Dio Padre e così anche nell'episodio di elogio della povera vedova che dona al tempio i suoi miseri averi si riscontra quanto egli tenesse alla sacralità del luogo di culto. E anche adesso, mentre, sferza alla mano, rovescia i tavoli dei cambiavalute disperdendo i loro affari, Gesù tende a reprimere un atto di abuso e di sopraffazione nei confronti della casa del Signore. Quello che rimprovera è soprattutto che essa sia diventata una "spelonca di ladri", probabilmente perché nell'esercizio stesso delle attività commerciali su cose da destinarsi al culto, da parte dei commercianti si ricorreva alla truffa e al raggiro dei clienti, cosa che certo sconfessava la dignità del tempio luogo di culto sacro. La vendita di colombe, arieti, primizie di raccolto e altri elementi in uso nella cultualità templare in Israele non era affatto illecita in se stessa; ignobile era la finalità con cui evidentemente veniva esercitata. L'opera di Gesù è quindi necessariamente di purificazione e di restaurazione della vera dignità strutturale della casa di Dio, sulla scia degli antichi profeti (Congar). Tuttavia l'opera di Gesù non si limita al recupero della sacralità del tempio d'Israele, ma va ben oltre e si intravvede nella risposta che egli dà ai suoi interlocutori. "Distruggerete questo in tre giorni lo farò risorgere". Con questa affermazione Gesù firma la propria condanna, perché proprio il timore per il tempio di Gerusalemme determinerà il motivo della cattura da parte di scribi e sommi sacerdoti, ma nelle parole di Gesù vi è in realtà una novità assoluta: senza smentire affatto l'importanza del sontuoso edificio luogo di culto che torreggiava sulla città di Gerusalemme, con l'avvento della nuova economia di salvezza apportata dalla morte e dalla resurrezione di sé (del suo corpo) avviene che adesso tutti gli uomini adoreranno Dio "in spirito e verità" e che non sarà più necessario un tempio costruito da mani d'uomo per instaurare la relazione con Dio. Cristo stesso è il nuovo tempio, sacramento del Padre che segna la presenza nel mondo e determina i nuovi rapporti fra gli uomini e Dio. Egli è la vera rivelazione assoluta e vedendo lui si vede anche il Padre (Dei Verbum), di conseguenza egli costituisce l'unico vero tempio che supera tutte le strutture marmoree esistenti. Certamente l'esistenza degli edifici di culti non viene pregiudicata nella sua importanza, visto che è proprio dell'uomo, anche al di fuori del nostro Credo religioso, edificare uno spazio locale di raccoglimento e di intimità con il suo Signore delimitato da pareti e da cappelle. Le basiliche e i luoghi di culto di cui disponiamo ci aiutano ad accrescere la nostra comunione personale con Dio e con lo stesso Signore Gesù Cristo soprattutto nella presenza eucaristica, ravvivano la certezza dell'isolamento necessario alla preghiera intensa che altrove non si potrebbe ottenere, garantiscono la centralità del raccoglimento e della significazione della comunità ecclesiale nella partecipazione alle funzioni domenicali. Ma il vero luogo di culto che realizza la comunione di tutti gli uomini fra i loro e con il Padre, il vero "tempio" della nuova alleanza è lo stesso Cristo Signore morto e risorto nel quale tutti ci ritroviamo nell'unità e consolidiamo la nostra comunione. In tal senso "tempio" viene definita anche la Chiesa stessa, luogo sacramentale della presenza continua del Cristo nello Spirito Santo, la quale edifica se stessa, si rinnova e si attrezza di nuovi strumenti di grazia a opera dello stesso Spirito e annuncia il Risorto partorendo nuovi fratelli nella fede. La Chiesa è tempio in quanto ciascun battezzato è luogo di dimora dello Spirito. La novità assoluta di Gesù che realizza in se stesso il nuovo tempio accresce il concetto sopra ricordato della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, con la garanzia che Dio abita addirittura "in noi" come Padre, Figlio e Spirito Santo del quale noi rechiamo le insegne (S. Agostino) e questo convivere di Cristo diventa costantemente incontro e comunione. L'essere presente è quindi un inabitare e un "venirci incontro". |