Omelia (01-03-2015) |
mons. Gianfranco Poma |
Ascoltatelo! Nella seconda domenica di Quaresima il Vangelo di Marco (Mc.9,2-10) ci rende partecipi dell'esperienza vissuta da Pietro, Giacomo e Giovanni, nella Trasigurazione di Gesù, in cui il mistero della sua persona si apre per svelarne tutta la novità e la ricchezza. Dopo l'invito di Gesù a seguirlo sulla via della Croce, il racconto della Trasfigurazione sembra collocato fuori posto nella trama narrativa del Vangelo: ma questo corrisponde alla logica paradossale di Marco. La "gloria" è nel cuore di un'esistenza che, proprio perché umana, è segnata dalla sofferenza e dal rifiuto: la "gloria" non elimina l'umano, non pone termine alla sua drammaticità. Le due realtà sono in continua tensione: la venuta del Regno non è "dopo" la resurrezione, ma è "già", dentro la Croce. La Trasfigurazione precede la Croce e la Resurrezione e nella logica della narrazione di Marco è la descrizione della novità dell'esistenza cristiana. Al titolo di "Messia" attribuitogli da Pietro, Gesù preferisce quello di "Figlio dell'uomo" che percorre la via della sofferenza, del rifiuto, della Croce. Ai suoi discepoli, Gesù chiede di condividere la stessa scelta e di percorrere la stessa via. Gesù capovolge la logica e l'attesa umana, che anche Pietro condivideva: aspettava un Messia vincitore che sperava di aver trovato in Gesù pensando di seguirlo su una via trionfante e scopre Gesù "figlio dell'uomo" che invita a condividere una via di sofferenza e di sconfitta. Anche a Pietro appare inaccettabile questo messaggio che i capi del popolo, religiosi e politici, giudicano troppo sovversivo: il Vangelo di Gesù appare incompatibile con ciò che ogni uomo si aspetta che Dio debba fare per il mondo e per l' umanità. Ma Dio che cosa vuole per il mondo? Il successo quasi magico di un Messia trionfante, che sottometta con la forza i suoi avversari? Un taumaturgo che liberi l'umanità da ogni male? E Pietro e i suoi contemporanei, e noi, oggi, non ci aspettiamo, forse, la stessa cosa? Ma Dio ha scelto un'altra via per salvare il mondo! La pagina della Trasfigurazione è uno splendido gioiello costruito da Marco, sullo sfondo dell'A.T. (Es.24), per dire tutta la novità dell'esperienza di Dio che Gesù propone ai suoi discepoli (oggi a noi che leggiamo), nel settimo giorno, sulla montagna, a loro soli, in un tempo e in uno spazio che se da una parte segna l'orizzonte dell'esistenza umana, dall'altra lo dilata all'infinito. Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni: non dipende da una loro inziativa ciò che stanno per vivere. "E fu trasformato davanti a loro": il verbo al passivo indica un'azione il cui soggetto è Dio. Marco non dice nulla per descrivere la trasformazione di Gesù, sottolinea il meraviglioso splendore delle sue vesti, impossibile da ottenere con mezzi umani: senza che il suo corpo sia toccato, Gesù è segno della gloria di Dio. Marco comincia così ad introdurci nel mistero indicibile di cui Gesù è l'annunciatore: se egli è trasigurato dalla "gloria" vuol dire che Dio è con lui, non con coloro che lo contestano. Se ai discepoli appare Elia con Mosè ed essi parlano con Gesù, vuol dire che egli, con la sua novità, è in perfetta comunione con loro. Allora possiamo gustare la gioia dell'annuncio di Gesù: Dio non è l'onnipotente che invia il suo Messia per creare un mondo perfetto, non è il Dio delle vittorie che vuole sconfiggere i suoi avversari. È l'Amore che sta dentro la debolezza, che ci supplica di credere l'Amore come unica forza che fa vivere e salva questo mondo, fragile. Gesù è l'annunciatore che sperimenta, vive un Dio-Amore a cui rimane fedele sino all' estremo atto di abbandono nella morte. La Trasfigurazione, anticipo della resurrezione, è uno squarcio che svela che ciò che a noi appare opaco e fragile è in realtà pieno di luce e di Amore. In quell'attimo, Pietro ha gustato l'ebbrezza indicibile della presenza di Dio: proprio adesso comincia l'esperienza nuova dei discepoli di Gesù, l'esperienza di Dio dentro la carne: "Pietro non sapeva cosa esprimere: erano presi da timore". Come è possibile dire questo indicibile mistero dell'infinito che si fa sperimentare dal finito, mistero di Amore che si annienta per poter incontrare e donarsi e far vivere ciò che è piccolo e finito? Pietro vorrebbe trattenere, possedere, fermare l'Amore: comincia pure questo suo "ministero" che gli chiede di spogliarsi continuamente dal desiderio di trattenere l'infinito per poterlo gustare solo in un attimo, come dono che sfugge quando si cerca di trattenerlo. Marco parla di una nube che "li" adombra: l'immagine biblica già apparsa nel battesimo di Gesù, solo per lui, adesso coinvolge i discepoli. La nube vela e svela: è la carne dell'uomo in cui l'infinito di Dio ormai si svela, da quando è disceso nella carne di Gesù. E' lui solo che essi vedono, scendendo dal monte per entrare nella dimensione normale dell'esistenza: ma la voce venuta dal cielo per Lui, per proclamarlo Figlio, amato da Dio, nel suo discendere nel Battesimo, adesso parla ai discepoli dalla nube, perché proprio nella sua carne umana vedano il Figlio amato, per garantire che la sua scelta di fedeltà ad una via di umiltà, è quella gradita a Dio. "Ascoltate Lui": vedere l'umanità di Gesù ed ascoltare Lui è la via per entrare nella vita, è il suo "Vangelo". La prima parola di Gesù, adesso è il suo invito a non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, prima che il Figlio dell'uomo sia risorto dai morti: torna lo stile spiazzante di Marco: è il programma della comunità credente nella storia, vedere la gloria dentro l'oscurità, rimanere fedeli alla storia, non anticipando, ma continuando a chiedersi cos'è la resurrezione. |