Omelia (08-03-2015)
Agenzia SIR
Commento su Giovanni 2,13-25

Se non bastano i miracoli per credere in Gesù, quali altri segni deve dare? Sullo sfondo della scena del Vangelo di oggi già s'intravvede la Risurrezione dai morti, il segno dei segni. Quando non bastano gli agnelli, la vittima la provvede Dio stesso: è Gesù, il Figlio amato, vittima, sacerdote e altare. E il suo corpo è il tempio nuovo, la vera casa del Padre.

Dopo un miracolo nuziale - non riportato dai sinottici - le Parole nel Tempio, dove Gesù si è recato perché è vicina la pasqua dei Giudei. Il Vangelo di Giovanni, dunque, è racchiuso tra una pasqua (dei Giudei) e l'altra (quella di Gesù), tra quella che ha dato inizio al popolo a quella che costituisce il nuovo popolo di Dio.

Il gesto violento è spiegato dalle parole che denunciano un Tempio trasformato in un mercato. Il rapporto con Dio non si compra, ma si riceve in dono, per solo amore. E l'amore sa anche indignarsi, farsi passione, persino "divorare" le persone di "zelo per la tua casa". È l'amore di Dio per l'umanità, un amore appassionato fino alla Passione del Figlio di Dio che muore e risorge. Ecco il segno offerto da Gesù. Se il primo segno a Cana annunciava l'amore nuziale tra Dio e l'umanità, il segno del corpo di Gesù crocifisso ne mostra il compimento - la consumazione delle nozze - nel sacrificio pasquale del Figlio di Dio.

Il cambiamento è radicale: dall'antica alla nuova alleanza, dalle pietre del tempio al corpo di Gesù, da un mercato allo sposalizio tra Dio e l'uomo. I segni di Gesù non sono prove per schiacciare l'incredulità, ma rimandi a significati più profondi, intimi, sponsali.

La risurrezione è accostata alla riedificazione perché "far risorgere" usa un verbo che vuol dire svegliarsi, levarsi, e quindi sollevare, innalzare, edificare.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca