Omelia (02-01-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Gv 1,19-28 Accogliere Cristo, farlo nascere in noi, non è un evento automatico e naturale. Distratti e travolti dalle mille cose da fare, storditi da una realtà che ci fagocita, tentati dal narcisismo imperante, corriamo il rischio concreto di essere fra i tanti che, in quel primo Natale, nemmeno si accorsero della nascita di Dio. Siamo chiamati a vegliare, come ci dicevamo durante il periodo di avvento, affinché questo Natale faccia rinascere in noi il desiderio di Dio. Il Battezzatore ci indica il modo di diventare tutti di Dio: nell'autenticità assoluta. Solo il nostro vero "io" incontra il vero Dio. Giovanni non si prende per Dio, non si monta la testa, non si crede un Messia. Gli anni del deserto lo hanno profondamente segnato, ricondotto all'essenziale. Potrebbe proclamarsi tale, la folla se lo aspetta e gli crede. Ma lui non lo fa. Sa di non essere il Messia e di attenderlo, egli stesso come gli altri. Sa di essere "voce" che vibra di una Parola non sua. E noi, cosa siamo? Cosa diciamo di noi stessi? Non diamo retta ai giudizi di chi ci sta intorno e pensa di sapere tutto, né seguiamo le sirene di questo mondo che vuole tutti straordinari: solo in Dio possiamo scoprire la nostra identità profonda... |