Omelia (05-04-2015) |
fr. Massimo Rossi |
E vide e credette "...e vide e credette.". Beh, dovremmo correggere: E non vide proprio nulla, perciò credette. Dunque, la fede nella presenza (di Cristo) è fondata sulla constatazione di un'assenza. Dio c'è perché non c'è! i giochi di parole si possono moltiplicare... la Verità è sempre la stessa: la Risurrezione non è un fatto verificabile attraverso i sensi e l'intelletto. La Risurrezione non è un fatto storico; non nel senso che non è mai accaduto, ma (nel senso) che non è soggetto alla dinamica della storia e del tempo, per il quale i fatti semplicemente accadono e passano, per far posto ad altri fatti. Il destino fatale dell'oblio non tocca la risurrezione di Cristo, non la può toccare, perché la risurrezione di Cristo è un evento sempre attuale, contemporaneo ad ogni uomo, fino alla fine del mondo. In altre parole, non c'è alcuna differenza tra noi, persone del XXI secolo, e i primi testimoni, Giovanni e Simon Pietro. Chi è stato in Terra Santa ed ha potuto sostare in preghiera davanti al sepolcro di Gesù, si è trovato nelle medesime condizioni dei due apostoli: il sepolcro è vuoto, ora, come allora! Chi vuol credere che Gesù è risorto, ci creda; chi non vuol credere non ci creda! La verità della risurrezione non dipende dalla nostra fede! La risurrezione è un fatto: se ci crediamo davvero, la nostra vita cambierà, a cominciare dalle convinzioni sulla morte. Se non ci crediamo, lasceremo alla morte l'ultima parola sulla vita; e l'ultima parola è FINE: fine dei giorni, fine delle speranze, fine di tutto... Dopo la morte, il nulla. Il tema del ‘nascondimento' pervade tutte e tre le letture di oggi: nella pagina degli Atti degli Apostoli, Pietro annuncia che, dopo la risurrezione, Cristo apparve, ma non a tutti, solo a testimoni prescelti; Paolo rincara la dose, e scrive che noi siamo morti e la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quanto al Vangelo, non è necessario aggiungere altro, sarebbe solo una ripetizione inutile. Allora potrei chiudere qui...non sarà una mia parola di più a confermare la fede in chi già ce l'ha, e a suscitarla in chi non ce l'ha ancora, o non ce l'ha più... Mio e vostro malgrado, dobbiamo intrattenerci ancora qualche minuto..., tanto vale proseguire la riflessione sulla verità di Cristo risorto. C'è un binomio di termini essenziale per la nostra fede: risurrezione-riconciliazione. Per Gesù di Nazareth la risurrezione è sinonimo di riconciliazione con i peccatori; per noi, credere nella risurrezione di Gesù significa credere che la riconciliazione è possibile; e se è possibile è doverosa! Almeno oggi, vediamo di non suscitare, o alimentare dissapori... e se c'è qualcosa che ancora ci separa, proviamo ad accorciare le distanze! veniamoci incontro! È vero, è sulla croce che il Signore ha riconciliato la terra con il Cielo; tuttavia, senza la risurrezione, la riconciliazione sarebbe stata tutt'al più il pio desiderio di un moribondo, il rimpianto di essere fuori tempo massimo. È la risurrezione che dà al Cristo la possibilità reale di tornare dagli Undici e riannodare il rapporto interrotto il venerdì santo! Non solo: è la risurrezione che consente a Gesù di rendere efficace la riconciliazione anche per noi e per tutti quelli che crederanno dopo di noi! Naturalmente, il cammino della riconciliazione non si ferma a noi, ma deve passare attraverso di noi, per raggiungere coloro che tramite noi incontrano la verità di Cristo. Dirò di più: se noi non ci riconciliamo con il nostro prossimo, la riconciliazione che Cristo ha operato in noi sarà stata inutile. Se la Grazia concessaci non diventa a sua volta veicolo di grazia ulteriore, sarà come irrigare un terreno riarso da anni di siccità: l'acqua scorre via e non penetra; peggio, l'acqua diventa un fiume in piena e travolge tutto e tutti. Disastro totale! Certo che svuotare la Grazia di Cristo della sua efficacia è una possibilità a dir poco tragica, che Dio ha tuttavia posto nelle nostre mani, in nostro potere, il giorno che accettò il rischio di darci la libertà, libertà di credere in Lui, negli altri e in noi stessi. È questione di libertà dire di sì, oppure di no a Dio, al prossimo e a noi stessi. È una storia vecchia quanto il mondo. Sono in molti a maledire la libertà, dopo averla assaggiata, e con essa, aver assaggiato l'amarezza dell'errore, il dolore della caduta, la ferita del tradimento patito o commesso. Io penso che il tradimento peggiore non è quello patito, ma quello commesso contro qualcuno che amavamo - o forse, eravamo convinti di amare -. Il caso di Giuda è emblematico. Resto convito che il Signore sarebbe stato felice di incontrare nuovamente Giuda, nel cenacolo, la sera della sua risurrezione, insieme con gli altri apostoli... Non riesco a togliermi dalla testa che Giuda fu una vittima della situazione, uno di quelli per i quali Gesù invocò il perdono, "perché non sanno quello che fanno" (cfr. Lc 23,34). Del resto, in uno dei suoi discorsi al popolo riportati dagli Atti (cfr. cap.3), anche Pietro afferma: "Io so, che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi..."; ne parleremo ancora tra due domeniche. Si potrebbe obbiettare che troppa indulgenza verso i colpevoli non rende ragione alla Verità. Già, ma, per citare uno dei protagonisti della Passione, Ponzio Pilato, mi chiedo e vi chiedo: che cos'è la Verità? Per noi che celebriamo la Pasqua di risurrezione del Signore, la Verità è il perdono, che Cristo ha offerto ai suoi, senza punizioni, né compiti a casa; senza alcun'altra condizione che perdonare. Tra pochi minuti usciremo di chiesa, per rientrare nelle nostre case, a mangiare la tradizionale colomba pasquale... Ricordiamo che la condizione posta da Cristo agli Undici, vale anche per noi... Buona Pasqua a tutti! |