Commento su Gv. 12, 24-25
"In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna".
Gv. 12, 24-25
Come vivere questa Parola?
Quel che Gesù dice, a proposito del chicco di frumento, è diventato un detto sapienziale che sentiamo spesso citare in ambienti religiosi.
Ma qui ci è dato di cogliere meglio l'importanza, la forza del suo essere metafora strettamente legata alla vita, perché incastonato in una descrizione ambientale ed esistenziale che riguarda il momento in cui Gesù è più che mai Colui che guarda in faccia la morte, non come qualcosa a cui soggiacere inerme, ma come a un momento apice del suo voler dare la vita e darla come dono d'amore infinitamente prezioso.
Come quasi sempre, Gesù si esprime con una immagine della natura. Si tratta del "seme": qualcosa di molto piccolo e di poca apparenza, ma di una vitalità incredibile.
E' dal seme che viene il germoglio, poi la pianta i fiori e finalmente i frutti.
Qui sta il cuore del discorso: solo se muore marcendo e sfacendosi sotto terra, il piccolo seme evolverà fino a dare buoni frutti.
L'applicazione alla vita è un passaggio duro ma folgorante. Anch'io, anche tu che leggi queste righe, qualsiasi uomo che voglia vivere in pienezza, deve accettare questa morte. Attenzione però! Tu non muori a quel che di bello vero e buono Dio ti ha dato, ma a quell' "ego" (la parte inautentica di te) che pretende ad ogni costo dominarti, a scapito del vero progetto che Dio ha su di te.
No, no Signore! Dissolvi le mie paure e fa' che, piena di fiducia, io accetti ogni giorno di morire al mio ego, convinta che è la premessa alla piena fioritura del sé della mia vita che Tu ami fino ad aver dato la tua per me!
La voce di un fondatore della Comunità dell'Arca
"Penso che non potremo essere in grado di compatire l'altro finché non viviamo di persona le nostre difficoltà, le nostre ferite, le nostre debolezze. È impossibile entrare nelle sofferenze dell'altro se non abbiamo assunto le nostre. "
Jean Vanier
Sr Maria Pia Giudici - info@sanbiagio.org