Commento su Gv 8, 3-6a
"Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo".
Gv 8, 3-6a
Come vivere questa Parola?
Per chi legge, buttando via la ‘polvere' di tanta familiarità con questa pagina di Vangelo, lo stupore è sempre nuovo. Il quadro è a tinte forti. Una donna è ludibrio di uomini che l'hanno trascinata davanti a Gesù- Maestro proprio mentre Lui sta ammaestrando la folla. Si tratta di Scribi e Farisei, gente che mal sopporta il fascino che Gesù esercita sulle folle: quel fascino che è tutt'uno col suo svelare l'infinita tenerezza e misericordia di Dio per ogni uomo: sia giusto che peccatore. Ti sembra di cogliere la luce sinistra negli occhi di questa gente a cui non importa per nulla la sorte della peccatrice, perché l'accusa è voluta e alimentata solo dalla volontà di cogliere in contraddizione Gesù. Lui infatti, non era mai stato contro la legge di Mosè, però neppure aveva mai chiuso il cuore, con fredda decisiva condanna, nei confronti di chi era caduto in peccato. Sì, la volontà di scribi e farisei è "metterlo alla prova": creargli disagio, difficoltà in vista di poter, a ragion veduta, condannarlo apertamente davanti a tutto il popolo. Quello che segue lo conosciamo, nella sua adorabile bellezza, che ci tocca nella mente, nel cuore, in tutto l'essere.
Qui però ci fermiamo a riflettere su quanto portano lontano, sulle vie del male, l'invidia e la gelosia, l'aver il cuore indurito nei confronti di chi è oggetto di simpatia di consensi di risultati migliori dei nostri in vari campi: quelli del lavoro, dell'arte o dello stesso apostolato.
La domanda rivolta a Gesù è insidiosa: "Tu che ne dici?" Sfocia lì tutta la perfidia di chi, pietra sopra pietra, costruì il sepolcro in cui fu deposto Gesù.
Signore, rendici lucidi nel cogliere il movente di quello che ci spinge ad assumere certe modalità nel nostro rapportarci al prossimo. Che non prevalgano mai secondi fini inquinati di egoismo! Essi raggelano l'amore e ammorbano la relazione.
La voce di un anonimo
"Chi lascia penetrare in sé la vipera dell'invidia e della gelosia senza combatterle energicamente con l'aiuto della grazia, cadrà molto in basso. Che gli altri se ne accorgano o no, si procurerà la morte dell'anima."
Sr Maria Pia Giudici - info@sanbiagio.org