Omelia (29-03-2015) |
don Roberto Rossi |
Gesù nella nostra città, nella nostra vita Gesù entra in Gerusalemme. La folla dei discepoli lo accompagna in festa, i mantelli sono stesi davanti a Lui, si parla di prodigi che ha compiuto, un grido di lode si leva: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli». Folla, festa, lode, benedizione, pace: è un clima di gioia quello che si respira. Gesù ha risvegliato nel cuore tante speranze soprattutto tra la gente umile, semplice, povera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo. Lui ha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il volto di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpo e l'anima. Questo è Gesù. Questo è il suo cuore che guarda tutti noi, che guarda le nostre malattie, i nostri peccati. E' grande l'amore di Gesù. E così entra in Gerusalemme con questo amore, e guarda tutti noi. E' questa una scena piena di luce, la luce dell'amore di Gesù, quello del suo cuore, una scena di gioia, di festa. Anche noi ripetiamo questa esperienza. Agitiamo le nostre palme. Anche noi accogliamo Gesù; anche noi esprimiamo la gioia di accompagnarlo, di saperlo vicino, presente in noi e in mezzo a noi, come un amico, come un fratello, anche come re, cioè come faro luminoso della nostra vita. Gesù è Dio, ma si è abbassato a camminare con noi. E' il nostro amico, il nostro fratello. Qui ci illumina nel cammino. E così oggi lo accogliamo. Afferma il papa: "Questa è parola che vorrei dirvi: gioia! Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall'aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili. Seguiamo Gesù! Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù". Viviamo una giornata molto significativa e molto nostra: il momento in cui la folla accoglie, acclama, riconosce Gesù "colui che viene nel nome del Signore" e il momento in cui, a causa del peccato dell'umanità, i nemici, le autorità e il popolo stesso lo condannano a morte. Anche ciascuno di noi tante volte si è entusiasmato di fronte a Cristo e tante volte lo ha rinnegato. Per festeggiare l'ultima Pasqua della sua vita terrena Gesù fa ingresso nella città di Gerusalemme come Signore. La folla festosa lo saluta come l'Inviato da Dio e lo acclama. Tuttavia, non era venuto per regnare sul suo popolo, ma per essere condannato dai capi della nazione e per morire sulla croce, in un sacrificio espiatorio per i peccati dell'umanità. Il suo trono era la croce. Le sue armi l'amore. Il suo regno la pace. Il suo trionfo la vittoria sul peccato e sulla morte, sul diavolo e sull'inferno. Così, la sua entrata trionfale a Gerusalemme quella domenica non era, per Gesù, che un pallido preludio del trionfo spirituale al quale lo avrebbero portato la sofferenza e la morte sulla croce, poi la risurrezione dai morti. Ogni cristiano dovrebbe seguire nella sua vita lo stesso cammino. Non dovrebbe lasciarsi tentare dalla gloria terrena, ma ricercare piuttosto la vera gloria nella lotta contro il male in questo mondo e nella vittoria su di esso. Non possiamo giungere a questa vittoria e a questa gloria se non seguendo le orme di Cristo nel cammino della croce. Per giungere alla vera vittoria, non bisogna confidare in se stessi, nelle proprie forze, ma avere fiducia nella grazia di Dio; bisogna prendere le armi di Dio, che sono, come precisa san Paolo: verità, giustizia, zelo apostolico, fede, parola di Dio e preghiera (Ef 6,14-18). |