Omelia (02-04-2015) |
don Alberto Brignoli |
Un cibo che sia condivisione Uno dei temi principali - se non il principale - del primo giorno del Triduo Pasquale è il tema dell'Eucaristia, sia perché ne ricordiamo l'istituzione sia perché nel contesto della Passione diviene il memoriale, il ricordo vivo, della Pasqua del Signore, il suo testamento vivente alla Chiesa, il dono di sé alla comunità dei credenti che continua a pulsare, vivo, in ogni parte del mondo, sotto le specie del pane e del vino, laddove c'è un altare con un tabernacolo e una lampada che lo indica presente. Ma proprio perché "memoriale", ovvero non una semplice commemorazione, ma un ricordo vivo e presente in mezzo all'umanità, l'Eucaristia che questa sera adoriamo in una maniera del tutto particolare diviene anche occasione per riflettere sulla condivisione che gli uomini sono chiamati a fare di ciò che è un elemento vitale per tutti, ossia il cibo, il pane di ogni giorno. Dio che spezza il pane per noi e insieme a noi è quella presenza viva e vivificante che ci chiede di fare altrettanto, ogni giorno, con i nostri fratelli vicini e lontani. Non ci può essere, infatti, per un cristiano, celebrazione dell'Eucaristia che non divenga pure stimolo a condividere il pane con ogni uomo; non c'è Eucaristia se non c'è comunione e carità (e il gesto della lavanda dei piedi all'interno di questa cena assume un significato fortemente simbolico anche in questo senso); non è, in definitiva, una messa valida quella che celebriamo solo intorno all'altare di una chiesa e non lungo quell'altare che è la strada, il luogo di lavoro, la scuola, la famiglia, la società in generale. Dico questo anche in relazione ai temi e ai discorsi che, intorno all'aspetto del cibo condiviso e dell'alimentazione per tutti, la società fa in varie occasioni: ne fa addirittura tema centrale di un fatto prevalentemente commerciale e di marketing come quello dell'Expo 2015, che perlomeno nei suoi intenti vuole affrontare il tema dell'alimentazione per tutti non solo come business (perché stati e privati cittadini possano uscire dalla crisi che ancora li attanaglia) ma anche come motivo di crescita e di solidarietà nel rispetto dell'ambiente. Nessuno di noi sa quanto l'Expo riuscirà in questo intento, a scapito invece della brama di realizzare transazioni commerciali sempre più proficue per i potenti della terra; sta di fatto che, almeno a livello di pensiero e di testimonianza, in un contesto di quel tipo il cristiano può dire una parola che aiuti a ricordare alcuni aspetti etici legati alla condivisione del cibo che altrimenti rischiano di essere dimenticati. Ho quindi voluto fare una prova, leggendo le letture di questa sera, sperando di non risultare poco liturgico o fuori dal tema: ho cercato di vedere se la Liturgia della Parola di oggi ci insegna qualcosa riguardo al nutrirsi con solidarietà e nel rispetto degli altri e dell'ambiente. Ci sono alcuni passaggi della prima lettura, tratta dall'Esodo (a volte un po' accantonata per fare giustamente maggior spazio all'istituzione dell'Eucaristia o al sacramento dell'amore e del servizio) che mi paiono significativi. Ad esempio, da subito risalta l'aspetto della condivisione del cibo con l'attenzione a non sprecare quanto viene consumato. L'agnello pasquale dovrà essere consumato in proporzione alla grandezza della famiglia, evitando sprechi; e qualora la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino. L'aspetto di un consumo equilibrato degli alimenti, in cui nessuno deve mangiare di più di ciò che può, così come a nessuno deve mancare il minimo necessario, è sicuramente qualcosa su cui dobbiamo insistere anche con gesti concreti, quotidiani, a partire dai nostri pasti di ogni giorno. Mangiare in maniera giusta fa bene non solo alla salute dei singoli, ma anche all'economia di una famiglia che può così risparmiare, al pianeta che non viene sommerso dagli scarti di cibo (12 miliardi di euro all'anno di cibo gettato nella spazzatura solo in Italia, 23.000 € al minuto!), e alle relazioni umane che beneficiano della condivisione di alimenti fatta con altri. Quante nostre famiglie hanno ancora quella bella abitudine di vari anni fa, che quando si preparava qualche piatto particolare si portava una teglia con qualche porzione al vicino di casa, al parente solo e anziano, o anche solo all'amico in segno di affetto e di condivisione della festa? E pare che la cena dell'Esodo, pur vissuta nella fretta, non dimenticò l'importanza di mangiare in maniera sana, genuina, usufruendo del meglio che si aveva a disposizione: mi ha sempre colpito questo "agnello senza difetto, maschio, nato nell'anno" che se oggi può comprensibilmente urtare la sensibilità di chi non condivide la pratica del sacrificio degli agnelli pasquali, certamente continua a conservare una forte valenza simbolica, ovvero quella della "primizia", di ciò che è buono perché nuovo, e non inservibile perché vecchio. Un cibo che, al di là delle suggestioni e delle forzature, possa essere sano, piacevole, gustoso e fresco per ogni uomo e donna del pianeta deve essere un ideale a cui poter tendere. Infine, due elementi particolari legati alla situazione di fuga dalla schiavitù che il popolo d'Israele stava vivendo al momento della consumazione della prima cena pasquale: il mangiare in fretta e le erbe amare. Tempo per cucinare "a dovere" non ce n'era, allora: il cammino verso il Mar Rosso e la terra promessa era lungo, e il faraone con il suo esercito incombeva, bisognava partire! Oggi forse non abbiamo oppressori che ci inseguono, né terre da conquistare in fretta e furia, ma la frenesia della vita di ogni giorno ci porta spesso a consumare almeno uno dei pasti della giornata con rapidità, se non addirittura a saltarlo, arrangiandoci a volte con qualche "fast food". Ricuperare, almeno quando si può, la bellezza di stare seduti insieme attorno a una tavola, con i familiari e gli amici, senza sprechi di cibo o di tempo, ma con la bellezza di convivere del tempo insieme, parlando, tirando un attimo il fiato, evitando che il silenzio sia riempito dal suono della televisione... ci accorgiamo, perlomeno, che è una opportunità talmente rara, oggi, che va sfruttata ogni volta che ci si presenta? Mangiare non è solo ingerire cibo, è condividere la vita, e chi lo può fare perché vive con altre persone, lo faccia pensando a quanto è fortunato rispetto a chi ogni giorno mangia da solo e, spesso, ingoia l'amarezza di un cibo che è decisamente più difficile da deglutire delle erbe amare dell'Egitto. Facciamo memoria, o meglio memoriale, anche delle amarezze della vita di chi si trova nella solitudine; facciamo in modo che per loro non sia ogni giorno così, e che magari almeno una volta la settimana la nostra tavola abbia un posto apparecchiato in più...casomai Dio stesso decidesse di passare da casa nostra, con chissà quale volto, per spezzare non più il suo, ma il nostro pane con noi. |