Omelia (03-04-2015) |
don Alberto Brignoli |
Unica certezza, la Croce Viviamo nell'incertezza e nell'insicurezza. E mai come in questo periodo il mondo intero avverte un senso di totale instabilità rispetto a tutte quelle che sono le attività umane che vi si svolgono, ordinarie o straordinarie che esse siano. Sali su un aereo per fare ritorno a casa tua dopo un periodo passato all'estero per lavoro, per studio, per divertimento o per uno scambio culturale, e una persona apparentemente normale, come te, a cui però viene affidata la responsabilità di ricondurti alla destinazione finale in tutta sicurezza, ti porta con sé nel suo istinto follemente lucido di farla finita con se stesso e con il mondo: e poco gli importa della tua giovane età, della tua fama, o del figlio di pochi mesi che hai tra le braccia, perché nulla conta, per lui, se non la sicurezza di smettere di vivere. Ti rechi in vacanza, sperando che il luogo che hai scelto tra i tanti che ci sono nel mondo sia un luogo tranquillo e libero da situazioni conflittuali, anche perché ti vuoi godere questo momento magari atteso a lungo perché ora la pensione te lo permette, dopo una vita di lavoro e di ferie fatte alla bell'e meglio, e mentre stai visitando un museo contemplando la bellezza dell'arte ti ritrovi faccia a faccia con chi mescola arte e bellezza con il terrore, ancor più spaventoso se pensato come strategia in nome di un Dio che lui solo conosce e venera: e poco gli importa che tu non abbia nulla a che vedere con tutte queste faccende politico-religiose di stampo integralista, perché nulla conta, per lui, se non la sicurezza di trasmettere al mondo intero violenza e terrore. Vai in stazione, e sei costretto ad aprire bene gli occhi, in attesa di salire su un treno, per fare attenzione a valigie lasciate incustodite o a sacchi neri gettati sui binari; ti metti in strada con la tua auto, certo di poter giungere al lavoro in orario, oppure con la tua bici per ritrovare un po' di salute in queste prime, lunghe giornate di primavera, e qualcuno che - invece di utilizzare la strada - è convinto di poterla comandare, per cui impone la sua legge, quella del più forte, del più veloce, del più furbo, ti costringe a rimanere lì, a terra, su quella strada che per te era solo una via, non la meta finale del tuo cammino: e poco gli importa di fermarsi a guardare cosa ti sia successo, perché sulla strada comanda lui, tutto è suo, anche la tua vita. E non ti va meglio neppure se decidi camminare sui marciapiedi, perché lui può salirvi sopra con l'auto, oppure puoi trovare un suo compagno di follia che ti sferra un pugno per passatempo, facendosi riprendere col telefonino da altri amici sventurati, così, per ridere un po' e far sorridere la rete; se vai a scuola, non parliamone, perché è sufficiente che sei un po' più "secchione" dei tuoi compagni, o che ti vesti diversamente, o che vivi diversamente da loro, o che sei comunque diverso in te stesso o nella tua abilità per attirare l'attenzione di chi non sopporta di essere un fallito, di non valere nulla, di sentirsi meno uomo o meno donna degli altri, e allora vieni pestato, deriso, insultato, alunno o insegnante che tu sia, fa lo stesso per loro. E poco importa che tu non abbia fatto o detto niente di male: sei passato davanti ai loro occhi, ciechi, incapaci di vedere se non il loro fallimento umano, e quindi ti franano addosso con tutta la loro violenza. C'è una soluzione, grazie a Dio: il tuo rifugio, il tuo nido, la tua casa. Stattene buono lì, e non ti succederà nulla...sempre che tu sia talmente fortunato da non trovarla occupata da abusivi in uno spazio di tempo che dura una spesa al supermercato; o sempre che in casa non ci sia il tuo compagno di una vita accecato dalla gelosia (vera o presunta tale), dall'alcool, dal lavoro perso o semplicemente dalla depressione, e che pensa di risolvere i suoi problemi massacrandoti di botte; o sempre che - nel migliore dei casi - la tua casa non sia stata messa a soqquadro, con i tuoi pochi soldi portati via, i tuoi piccoli tesori di famiglia spariti, ma soprattutto l'intimità del tuo appartamento violata e devastata da chi pensa che la soluzione più facile alla propria miseria sia quella di rendere gli altri miseri come lui, almeno per qualche giorno. Questa è la nostra sicurezza di ogni giorno? Queste sono le nostre certezze? Andiamo bene...dài, non può essere così! Qualcuno ci deve dare delle risposte, qualcuno si deve preoccupare di noi, qualcuno ci deve avere a cuore! Ci sarà ancora qualche poliziotto altruista, qualche amministratore attento, qualche politico onesto che si preoccupi di noi più che del proprio stipendio o della propria poltrona! E comunque, ci sarà almeno un Dio a cui gridare la nostra disperazione, con il quale prendercela e sfogarci, al quale gridare: "Dio, perché mi hai abbandonato?". Ecco, sì: quest'ultimo c'è, sicuramente esiste, possiamo ancora gridare al nostro Dio la nostra disperazione, almeno lui ci ascolterà, non farà come i passanti indifferenti, che ci vedono in difficoltà e non si impicciano, per evitarsi guai pure loro! Gridiamo, sì: e il nostro grido giunge agli orecchi di un Dio che, quest'oggi, ci ascolta appeso ad una croce, crocifisso dal bullismo, dalla violenza domestica, dalle auto pirata, dai terroristi di ogni colore, dagli integralisti di ogni bandiera religiosa, dai delinquenti di strada, dai politici indifferenti, dai topi d'appartamento e dai ladri in giacca e cravatta. Anche lui, appeso ad una croce molto simile alle nostre piccole e grandi croci di ogni giorno. Cercavamo sicurezze e certezze? Eccoci accontentati: la croce come nostra unica certezza. La certezza che, questa volta, insieme con noi vi è appeso pure il nostro Dio. È lui che decide quanto dura la croce, è lui che decide quando è il momento di scendere, è lui che decreta: "Tutto è compiuto". E noi? Fiducia, solo un po' di fiducia. Le parole ce le suggerisce lui: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". |