Omelia (29-01-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mc 3,31-35

Il Signore Gesù ci rende suoi famigliari, ci rende suoi intimi, ci chiama fratelli e amici. E non lo fa per propaganda, non è un imbonitore, vive ciò che afferma, lo realizza. Gesù supera il modello famigliare del clan, del legame di sangue, del rapporto fra genitori e figli: seguire il Vangelo coinvolge anche le emozioni e gli affetti, crea nuovi legami che superano quelli di sangue. Quanto è vero! Molti, fra noi, hanno rapporti di complicità e di intesa con fratelli nella fede molto più fecondi e intensi di quelli che hanno con i fratelli di sangue! Ma, attenzione, creare relazioni nella comunità richiede fatica e impegno, senza prendere scorciatoie. Quante volte nella comunità arrivano persone che non hanno ricevuto affetto e che pensano di trovarlo a buon prezzo fra i cristiani! Certo: l'amore caratterizza (o potrebbe) le comunità cristiane ma, per viverlo da adulti, occorre impegno e franchezza, costanza ed equilibrio. Come i raggi di una ruota di carro, avvicinandoci al mozzo centrale ci avviciniamo gli uni agli altri. Se ci avviciniamo a Cristo ci scopriamo vicini e diventiamo capaci di amarci gli uni gli altri al di là delle simpatie, ma dell'amore che Dio riversa nei nostri cuori.