Omelia (31-01-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Mc 4,21-25 Siamo lampada che illumina la vita degli altri, e la fiamma è la Parola che brucia in noi e rischiara ogni nostra tenebra. Non dobbiamo avere paura del giudizio degli altri o nascondere la nostra fede sotto lo sgabello. Certo, prima di annunciare dobbiamo vivere, essere credibili, urlare il Vangelo con la nostra quotidianità. Il mondo si dibatte nelle sue tenebre, stretto fra mille paure, travolto da una crescente, primitiva violenza delle parole e dei pensieri che possiamo illuminare con l'unica Parola che salva la vita, nostra e altrui. Abbiamo nascosto la lampada dentro le chiese, spesso vuote e anonime. Dobbiamo riportare la fiamma in alto, ben visibile, in modo che, chi lo desidera, possa farsene illuminare. La luce della fede risplende a partire dal nostro giudizio, dice il Maestro. Giudizio mentale, logica inespressa che cambia radicalmente la visione del mondo. Se noi cristiani non siamo capaci a leggere la realtà, gli altri e noi stessi con misericordia e compassione, chi ne sarà mai capace? Non si tratta di fare i devoti col capo reclinato, ma di esprimere giudizi che provengono dalla verità e che ci portano alla piena speranza. Partiamo da oggi per vedere (e dire) le cose in maniera nuova, come Dio le vede. |