Omelia (09-02-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Mc 6,30-34 Stupisce sempre leggere la delicatezza e la premura di Gesù verso i suoi. Gesù si accorge se siamo stanchi, ci invita ad andare con lui, a riposarci alla sua presenza. Guai a noi, che abbiamo investito la nostra vita nell'annuncio del vangelo, se continuiamo a parlare del Signore senza frequentarlo, a servirlo senza dedicare del tempo alla riflessione e alla preghiera personale! Siamo come delle candele (piccoli lumini o grandi ceri: fate voi!) se non siamo accesi non possiamo far luce! Quanta tristezza riempie il mio cuore quando vedo fratelli preti strattonati da ogni parte, correre come dei pazzi per tappare i buchi, senza più tempo né voglia di coltivare la propria interiorità, la propria umanità! Ma ciò che chiede per loro, il riposo che rinfranca e prepara alla missione, Gesù non lo vuole per sé. Vedendo le folle che lo hanno seguito, pur di cogliere una parola, pur di avere un incoraggiamento (e Dio solo sa quanti chilometri possiamo percorrere per ascoltare qualcuno che ci doni speranza!), Gesù sente compassione e ancora si mette ad insegnare come un pastore che pensa prima alle sue pecore che a se stesso... |