Omelia (26-02-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mt 23,1-12

Nell'anno della fede siamo chiamati, come Chiesa, a prendere molto sul serio l'opera di evangelizzazione. E possiamo parlare del vangelo agli altri solo se prima abbiamo il coraggio di leggerlo e di lasciarlo fiorire in noi stessi. Il vangelo di oggi ci obbliga a chiederci se, talvolta, non siamo noi ad essere i farisei di cui parla Gesù. Cercare approvazione, ostentare devozione, farsi chiamare con titoli onorifici, non sono forse tentazioni quanto mai attuali in molti cristiani, soprattutto in molti preti e vescovi? Certo: la storia ci consegna un pesante fardello da custodire con intelligenza ma un po' più di attenzione alle parole del Signore certo aiuterebbe! Siamo credibili solo se crediamo e viviamo le parole che chiediamo ad altri di condividere! Il vangelo ci scortica vivi, ci obbliga ad essere sinceri, senza nasconderci dietro ridicole scuse. Uno solo è il nostro Maestro e la nostra guida, e, nella Chiesa, anche chi ha ruoli di servizio, lo sa bene. Se un prete o un catechista carismatici ci aiutano a incontrare Dio è solo per agganciarci a Lui. Il modello del cristiano è chi, come san Paolo, può dire: fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo (1Cor 1,11).