Omelia (28-02-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Lc 16,19-31 Non ha nome il ricco che banchetta senza accorgersi del povero che muore alla sua porta (!).Solo un aggettivo lo identifica: epulone, cioè esagerato, crapulone. Non ha un nome: Dio non lo conosce, non sa chi sia. Non ha un nome, non ha identità come, invece, ha il povero Lazzaro che riceve solo attenzione dai cani (quante volte ancora oggi succede così!). Non si dice che sia particolarmente malvagio, il ricco, forse la sua ricchezza è frutto della sua abilità imprenditoriale. Ma la ricchezza gli ha chiuso il cuore, ha innalzato intorno a lui un alto muro di indifferenza, ha scavato un abisso che neppure Dio riesce a colmare. Nel momento della verità, la morte, il ricco scopre quella sete che aveva ignorato, una sete di felicità che lo tormenta. Nel drammatico dialogo con Dio, vedendo il padre Abramo che abbraccia il povero Lazzaro, egli chiede prima di bere e, poi, di poter avvisare i propri famigliari. Ingenuo e sciocco: l'abisso in cui è sprofondato l'ha scavato con le proprie mani! Attenti, discepoli del Signore, a non fare lo stesso errore: approfittiamo dei tanti profeti che ci circondano, spalanchiamo il cuore e l'intelligenza per soccorrere il povero che muore alla porta di casa... |