Omelia (09-03-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Lc 18,9-14 Salgono al tempio i due protagonisti della parabola di oggi. Uno è giusto, si sforza di essere in regola con la Legge, osserva scrupolosamente tutti i precetti. È un fariseo devoto, non un bigotto, vive ciò che dice, davvero osserva anche le minuzie della Legge! L'altro è un poveraccio, un peccatore pubblico, un escluso. La descrizione che ne fa Gesù è efficace: il primo si erge davanti al tempio, sicuro di sé, contento delle sue prestazioni religiose. Vede in fondo quel tale che non osa nemmeno alzare lo sguardo. E fa bene questi a non alzarlo. Il pubblicano, invece, non osa dire nulla, la sua preghiera è nuda. E Gesù commenta: il primo uscì identico a come era entrato. Il secondo no. Non c'è posto per Dio, nel cuore del pubblicano: è talmente pieno di sé! Il cuore del pubblicano, invece, è stato masticato dai propri errori, è stato svuotato dai suoi peccati. Il primo si vanta, il secondo elemosina. In questa quaresima, in questo anno della fede, stiamo attenti a non commettere l'errore del fariseo, confrontandoci con chi non mette mai piede in chiesa. Se se dobbiamo paragonarci a qualcuno è con l'immagine che Dio ha di noi, con la santità che potremmo raggiungere se solo lasciassimo fare a Dio! |