Omelia (22-03-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Gv 10,31-42

Può un uomo prendersi per Dio? Può Dio, diventare un uomo come noi? Nell'anno della fede vogliamo tornare all'essenziale del cristianesimo che è pretesa di conoscere Dio attraverso suo figlio Gesù. Noi non crediamo in Dio, non professiamo una vaga e dignitosa appartenenza religiosa ma diciamo con forza che il Dio che ha creato il mondo e che ha voluto farsi conoscere da un popolo, Israele, finché questi lo raccontasse a tutti gli uomini, è diventato uno di noi, è accessibile. Noi crediamo nel Dio che Gesù ha testimoniato che ha raccontato, che ha professato fino a morirne. Certo, questa pretesa scuote nelle fondamenta il nostro cattolicesimo fatto di abitudine e di pie favolette. Convinti come siamo che la fede sia una sorta di allegra interpretazione della vita che poco ha a che fare con la realtà, siamo messi in crisi dalla forza argomentativa del Maestro. Gesù invita i suoi oppositori (e i suoi discepoli, noi!) a guardare alle sue azioni. Gesù non appare un esaltato, né un millantatore. Le cose che dice le vive, i segni che compie sono lì a dimostrare la forza e l'efficacia delle sue parole. Crederemo, infine?