Omelia (23-03-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Gv 11,45-56

Di fronte alla resurrezione di Lazzaro qualcuno si sente in obbligo di farsi tre chilometri per andare a denunciare Gesù (per cosa, violazione di norme cimiteriali?). Davanti all'evidenza del più eclatante dei miracoli i capi religiosi del popolo hanno paura di una sommossa e di un intervento dei romani. Ora che sono riusciti a ricostruire il tempio e ad allentare la morsa dell'Aquila gli aristocratici di Gerusalemme temono di perdere potere. Che fare? Caifa ragiona: è meglio che muoia uno solo. Terribile: decide la morte di Gesù ma, nello stesso tempo, annota l'incredibile Giovanni, profetizza. Davvero Gesù morirà per tutto il popolo! come se l'evangelista dicesse che anche un ruolo rivestito da una persona indegna continua a portare con sé un carisma! Gesù fugge, l'aria è pesante, è già stato condannato in contumacia. E si rifugia in Samaria, ad Efraim, una città-rifugio. Ancora oggi a Taybeh, l'unico villaggio in Israele interamente cristiano, vanno fieri di quell'accoglienza offerta al Maestro e ai pellegrini che ancora oggi visitano la loro chiesa. Ormai l'ora è scaduta: è giunto il tempo del dono totale di sé...