Omelia (26-03-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Gv 13,21-33.36-38

Leggiamo in questi ultimi giorni le diverse versioni della cena. Oggi tocca a Giovanni che, come sempre, vola alto. Gesù, nel momento più tragico della sua vita, radicalmente turbato, vuole ancora salvare due suoi discepoli. Deve salvare Giuda dal suo delirio, convinto com'è di forzare la mano per far incontrare Gesù e il sinedrio. E anche se tenta di farlo rinsavire, con la comunione che viene data a Giuda, anche a lui (!) ormai, è abitato dalle tenebre. È perso, certo, ma Gesù non è forse venuto per chi è perduto? Esulta, il Signore: ora è il momento della glorificazione, ora potrà dimostrare inequivocabilmente l'autentico volto di Dio. E deve salvare Pietro dalla sua supponenza, dal suo credersi migliore degli altri. È questo il cuore del vangelo: la volontà invincibile di Gesù di salvare chi gli è affidato. E anche noi. Non esiste tenebra che ci possa definitivamente allontanare da Dio. Non esiste orgoglio che ci impedisca di rinascere. Come arriviamo a questa Pasqua? Il Signore desidera ancora donarsi e ogni eucarestia che celebriamo diventa il luogo in cui ripercorriamo e rendiamo presente la sua intatta volontà di redenzione per ogni uomo.