Omelia (18-05-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Gv 21,20-25 Ora Pietro è pronto. Ha ammesso di non essere capace di amare come avrebbe voluto, come avrebbe dovuto, come avrebbe potuto. Ora ha misurato il suo limite, perciò Gesù lo sceglie. L'ultima parola che gli rivolge è uguale alla prima, rivoltagli molti anni prima: seguimi. Non c'è mai fine alla chiamata, non c'è mai fine alla sequela. Col passare degli anni pensiamo di essere cresciuti nella fede, di avere capito i grandi misteri di Dio. No, non è proprio così. Siamo sempre viandanti, per sempre cercatori, incessantemente pellegrini. Ma il Signore ci chiama, al di là delle nostre stanchezze, al di dentro dei nostri continui fallimenti. Non si scoraggia, il Risorto, vede in noi il Santo che egli ha pensato quando ci ha plasmato dal nulla. Ora ricomincia tutto, per Pietro. La sua vita si consumerà nell'annuncio del risorto, affrontando il difficile compito di rassicurare e condurre i fratelli, lui, uomo di poche parole, abituato alla fatica della pesca. Ora seguirà il Signore fino ai confini del mondo, fino a rendergli testimonianza su quel colle che lo vedrà crocefisso come il suo Maestro, e sepolto sul colle vaticano, monito ed esempio di come si possa divenire discepoli. |