Omelia (22-05-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mc 9,38-40

I guaritori del tempo invocavano l'aiuto di grandi uomini del passato per cercare di sanare chi si rivolgeva alla loro preghiera. Gesti magici e scaramantici accompagnavano la scena in una cultura che legava strettamente la malattia all'opera del maligno. Qualcuno fra questi santoni, probabilmente, aveva deciso di inserire nel nome dei grandi da invocare Mosè, Abramo, Salomone..., anche la nuova stella emergente, tale Gesù il galileo. Invece di sorridere a questa ingenuità Giovanni, il discepolo prediletto, il mistico, si preoccupa e riferisce il fatto al Signore. Come si permette, quel tale, di guarire nel nome di Gesù senza essere del gruppo? Senza essere discepolo? Gesù sorride e ridimensiona l'allarmato apostolo: non sono queste le cose importanti! Anche noi, oggi, siamo tentati di rilasciare patentini di cattolicità, distinguendo (santamente) chi davvero ha scoperto la fede e chi la vive per abitudine, chi si sciacqua la bocca col nome di Gesù e chi davvero lo invoca con fede. Lasciamo a Dio tali distinzioni: da parte nostra cerchiamo di vivere con serena serietà il nostro percorso di fede, è di Dio il giudizio su chi pronuncia il suo nome a sproposito.