Omelia (28-05-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Mc 10,28-31 La scena del giovane ricco che se ne va triste ha raggelato tutti gli aspiranti discepoli, soprattutto per la riflessione finale di Gesù che, sconfortato, nota come un cuore colmo di bramosia difficilmente riesce a far spazio all'assoluto di Dio. Nel silenzio generale si alza la voce del grandissimo Pietro: noi abbiamo lasciato tutto. Forse è il tentativo di una rassicurazione, una constatazione che chiede una risposta... O forse è la generosità di Pietro che indica a Gesù la sua rinuncia e quella degli altri discepoli. Come a dire al Signore: non sei solo, noi ti abbiamo seguito, abbiamo lasciato tutto per te, per il Regno. La risposta di Gesù è incoraggiante: seguirlo significa ritrovare cento volte tanto tutto ciò che abbiamo lasciato. Eccetto una: il padre, perché seguire Gesù significa trovare l'unico Padre! E accogliendone un'altra, meno gradita, di cui solo Marco parla: la persecuzione. Gesù non vuole venderci una soluzione semplice, sa bene che a volte vivere con serietà il vangelo ci porta a fare delle scelte dolorose, a scontrarci con una logica del mondo piccina e rissosa. E a entrare in conflitto con chi mal sopporta i cristiani e la loro visione del mondo. Siamo pronti, Gesù ci ammonisce: essergli fedele significa anche accettare la persecuzione nel suo nome per avere la vita dell'Eterno. |