Omelia (10-06-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Mt 5,1-12 Si mette a insegnare, il Signore, come fece Mosè sulla montagna. È una nuova Legge quella che Dio dona al suo popolo: non più dieci parole da mandare a memoria ma otto beatitudini da vivere. Non chiede di fare qualcosa, il Signore, ma di riconoscere che nelle scelte che già abbiamo fatto dimora il segreto della felicità autentica. Siamo beati non perché tristi o perseguitati o sconfitti ma perché, pur essendolo, confidiamo in Dio. E facciamo bene a confidare in lui perché sarà proprio lui a colmare il nostro cuore della sua presenza. Non si è beati perché poveri o piangenti, ma perché capaci di confidare nel Signore. La logica delle beatitudini, così distrattamente e colpevolmente ignorata dai cattolici!, è la chiave di volta che ci aiuta a capire il mondo e noi stessi. Solo confidando totalmente in Dio, solo seguendo la sua strada, che a volte pare insensata e perdente agli occhi del mondo, possiamo vivere la felicità dell'appartenere al Regno. Beati noi, allora, se miti, costruttori di pace, fiduciosi, non arroganti, perché sperimentiamo la presenza del Signore. Gesù per primo è colui che, in pienezza, ha vissuto le beatitudini che propone a noi suoi discepoli. |