Omelia (18-06-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Mt 5,43-48 Me lo vedo, il Signore, mentre pronuncia il discorso della montagna. Ha alzato il tiro, ha chiesto ai discepoli di non ridursi a meri esecutori di comandi dati dall'alto, di freddi e scrupolosi contabili della norma, ma di osare, di tornare al cuore del comando dato da Dio, di leggervi il progetto straordinario soggiacente. Pezzo per pezzo ha smontato le scrupolose minuzie che facevano diventare la Legge una farsa, che filtravano il moscerino e ingoiavano il cammello. Ora arriva alla conclusione del suo impegnativo discorso: se amiamo quelli che ci amano, se troviamo simpatici coloro che ci trovano simpatici, se frequentiamo solo chi ci fa i complimenti, cosa facciamo di straordinario? Lo fanno tutti! A volte i nostri atteggiamenti sono frutto del buon senso e dell'abitudine, non della sofferta e dolorosa scelta cristiana! Il Signore ci chiede di andare oltre, di alzare lo sguardo, di osare. Amare, cioè volere bene, volere-il-bene di chi ci augura il male imita il modo che Dio ha verso ciascuno di noi, rende palese la perfezione di Dio che è la sua infinita e inesausta compassione e la sua misericordia senza limiti. |