Omelia (25-06-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Mt 7,6.12-14 Due detti di Gesù inquadrano la regola aurea presente anche in esperienze sapienziali e religiose messa però in positivo: siamo chiamati a fare agli altri ciò che vogliamo che gli altri facciano a noi. Una visione positiva, non riduttiva (non fare), che ci spinge ad osare, a immaginare, a immedesimarci nei panni altrui. Sapendo, però, che non tutti possono cogliere con la dovuta attenzione il messaggio del vangelo: a volte è meglio tacere che dare la perla del Regno in pasto a chi non vuole accoglierlo e capirlo. Chiamati a rendere testimonianza, non sempre è opportuno farlo se il contesto in cui siamo disprezza le cose che stiamo per dire. Così in ufficio, a scuola, ma anche a casa, ci sono delle situazioni in cui è meglio tenere la fede per sé, evitando di creare inutili conflitti e contrapposizioni. L'ultimo detto lo sperimentiamo quotidianamente, avendo preso il vangelo seriamente: essere discepoli sul serio non è facile, è esigente, faticoso, in certi momenti ci si trova a combattere contro la mentalità imperante che scansa ogni impegno e responsabilità. È impegnativo amare davvero, è gioiosamente faticoso accogliere il vangelo così come Gesù lo ha vissuto. |