Omelia (16-07-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mt 11,20-24

Ci si può abituare, adattare, a tutto, ed è una delle peculiarità dell'essere umano. Al dolore, alle condizioni estreme, alla menomazione. Ed è un bene. Ma ci si può abituare anche alle cose positive, e questo è terribile. All'amore, alle tante cose che abbiamo e che non ci sono dovute, alle emozioni che dobbiamo sempre aumentare per caricarci di adrenalina. Ci si abitua anche a Dio, purtroppo. Lo sa Gesù, quando vede il suo popolo ridurre la fede alla scrupolosa ed inutile osservanza di mille precetti creati dagli uomini devoti. Lo sappiamo noi, che di quel Gesù siamo discepoli e che, pure, abbiamo fatto lo stesso errore, abituandoci alla fede. Siamo cattolici senza gloria, senza convinzione, tali perché nati in Italia. Fossimo nati in Marocco saremmo musulmani ed induisti se nati a Mumbay. Gesù cerca di scuotere le placide cittadine ebraiche che non accolgono la novità del Regno mentre le città pagane dannate si sono scosse, hanno creduto, si sono convertite. Invece di giudicare coloro che sono peggio di noi, che non credono, che vivono dissolutamente, sentendoci tutto sommato non peggiori, convertiamoci e accogliamo la novità di Dio!